La Procura di Bari ha chiesto che il 21enne Fabio Giampalmo sia condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Paolo Caprio a Bitonto. I fatti risalgono al 4 settembre del 2021. Il 40enne morì a causa delle lesioni riportate dopo aver battuto violentemente la testa in seguito a una caduta provacatagli dai pugni ricevuti sul volto al culmine di una rissa scattata in una stazione di servizio alle porte della cittadina pugliese. Il presunto assassino si era presentato autonomamente in caserma, accompagnato da un avvocato, denunciando l’accaduto. Davanti ai giudici deve ora rispondere dell’accusa di omicidio aggravato dai futili motivi e dall’aver commesso il fatto “attraverso l’uso di tecniche di combattimento tali da ostacolare la privata difesa”, essendo un pugile.
Omicidio Caprio Bitonto: chiesti 30 anni di carcere per il presunto assassino
Nella tarda notte, in una stazione di servizio alle porte della città, una rissa ha provocato la morte di un nostro concittadino. Senza armi la fine di una esistenza umana è stata decretata da violenza per motivi, sembrerebbe, non legati a questioni criminali,
aveva fatto sapere, poco dopo aver appreso la notizia, l’allora sindaco di Bitonto, Michele Abbaticchio. Il riferimento era all’omicidio di Paolo Caprio, il 40enne morto dopo essere stato raggiunto da alcuni violenti pugni sul volto, nella notte del 4 settembre del 2021. Secondo quanto ricostruito in seguito dagli inquirenti, la vittima sarebbe stata colpita per un semplice sguardo. Giampalmo, il 21enne imputato per il delitto, si trovava presso il bar di una stazione di servizio tra Modugno e Bitonto in compagnia della ragazza e di alcuni amici, quando Caprio sarebbe passato affianco al gruppo, lanciando degli sguardi indiscreti alle donne presenti. Almeno secondo la loro versione.
Un gesto banale, quindi, quello che avrebbe provocato la furia del 21enne: dopo una breve lite, sarebbe passato alle mani, sferrando due violenti pugni sul volto del 40enne che, tramortito, sarebbe caduto, sbattendo la testa. All’arrivo dei soccorsi per lui non c’era più niente da fare. Il gruppo, intanto, si era dileguato. Il giorno successivo, sapendo di essere ricercato dai carabinieri, il presunto killer si era presentato autonomamente in caserma in compagnia di un avvocato, raccontando l’accaduto. È accusato di omicidio pluriaggravato e, nei suoi confronti, la procura di Bari ha appena chiesto 30 anni di carcere.
Il contenuto della requisitoria
La richiesta è arrivata al termine della requisitoria nel corso della quale il pm Ignazio Abadessa ha ricostruito, questa mattina, la notte del delitto, soffermandosi sulle responsabilità dell’imputato. Secondo lui, Giampalmo avrebbe colpito il 40enne essendo consapevole di poterne provocare la morte, con l’intento di “affermare la propria posizione all’interno del suo gruppo criminale, di Bitonto, davanti ad altri concittadini”. Ad aggravare la sua posizione ci sarebbe il fatto che, essendo un pugile, fosse ben a conoscenza delle tecniche di combattimento e avrebbe quindi sferrato dei pugni da esperto e non da “semplice cittadino”. Inoltre,
nella sua condotta c’è stato accanimento, lucidità e predeterminazione rispetto all’obiettivo,
sostiene il pm. Il tutto per futili motivi. Per questo avrebbe potuto chiedere come pena anche quella dell’ergastolo. Alla fine ha deciso, però, di riconoscergli il dolo eventuale, che si concretizza quando un individuo, pur non agendo per determinare un evento criminoso, è consapevole che sia altamente probabile e mette in conto che possa accadere, non rinunciando all’azione. Nel pomeriggio di oggi il testimone passerà all’avvocata Rosanna Fallacara, che rappresenta le parti civili; poi sarà il turno della difesa, che potrà replicare. Più volte Giampalmo ha chiesto scusa alla famiglia della vittima. Fin dall’inizio sostiene che non voleva provocarne la morte.