Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e il Trattamento di Fine Servizio (TFS) sono due elementi fondamentali della retribuzione dei lavoratori italiani, in particolare per quelli del settore pubblico. Ma c’è un problema che è diventato un punto di dibattito legale: il pagamento differito di questi trattamenti per i lavoratori statali. Infatti, se la liquidazione del Tfr per i dipendenti del settore privato avviene nell’immediato, ovvero al termine del rapporto lavorativo, per i lavoratori dipendenti del comparto pubblico le tempistiche di erogazione sono decisamente differenti.
Tfr dipendenti pubblici: quando viene pagato
I pagamenti del Tfr ai dipendenti pubblici legati alla cessazione del rapporto di lavoro, sono caratterizzati da diversi tempi di pagamento, i quali variano in base alla ragione del termine del rapporto stesso.
- In caso di termine del rapporto di lavoro dovuta a inabilità o decesso, la legge prevede che il pagamento debba avvenire entro 105 giorni. Se tale periodo viene superato senza che il pagamento sia stato effettuato, la parte interessata avrà diritto a ricevere interessi legali per ogni giorno di ritardo.
- Se la cessazione del rapporto di lavoro avviene a causa del raggiungimento del limite di età, del termine di un contratto a tempo determinato o a seguito di una risoluzione unilaterale da parte del datore di lavoro a causa del raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata, il pagamento deve avvenire entro 12 mesi dalla data di cessazione. Qualora la prestazione non venga corrisposta entro i tre mesi successivi a questo periodo, gli interessi saranno dovuti.
- Per tutti gli altri motivi di cessazione del rapporto di lavoro (ad esempio, dimissioni volontarie, con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione, e così via), il pagamento deve avvenire entro 24 mesi dalla data di cessazione. Analogamente ai casi precedenti, se la prestazione non viene corrisposta entro i tre mesi successivi a questo periodo, saranno dovuti anche gli interessi.
Inoltre, a ciò si aggiunge la possibile ripartizione in base agli importi da erogare: se l’importo del trattamento risulta superiore a 50 mila euro o a 100 mila euro, l’intero trattamento viene erogato in 2 o 3 rate, e quindi nemmeno nella sua totalità.
Liquidazione Tfr-Tfs: la sentenza della Corte Costituzionale
La questione della legittimità del pagamento differito è ora nelle mani della Corte Costituzionale, che si trova di fronte alla complessa decisione di valutare se tale pratica è in linea con la legge. Nella sentenza n. 92 del 11 maggio 2023, la Corte ha annullato alcune disposizioni locali che permettevano l’anticipo del Tfs ai dipendenti pubblici pensionati. Tuttavia, la Corte si è riservata di esaminare ulteriormente altre questioni di legittimità, principalmente riguardanti le modalità di erogazione dell’anticipazione del Tfs nel settore pubblico.
Pagamento differito Tfr/Tfs: cosa succede adesso
La situazione attuale è tale che il pagamento del TFR o del TFS ai lavoratori statali è posticipato rispetto a quello dei privati, ed è posteriore anche alla data del pensionamento o alle dimissioni volontarie. Questo significa che un lavoratore andato in pensione anticipata potrebbe dover attendere fino a 5 anni per ricevere il proprio pagamento. Se la Corte Costituzionale decidesse che questa pratica del pagamento differito è illegittima, lo Stato sarebbe obbligato a pagare immediatamente una somma enorme, stimata attorno ai 14 miliardi di euro. Questo potrebbe avere un impatto significativo sul sistema previdenziale italiano, portando potenzialmente a uno squilibrio finanziario.
Anticipo Tfs statali: soluzioni proposte e problemi
Questa battaglia legale ha le sue radici nel 2011. In quell’anno il governo Monti introdusse il sistema di pagamento differito per aiutare le finanze dello Stato a riprendersi dalla crisi economica. Ma già nel 2019, una sentenza della Corte Costituzionale aveva suggerito che questo sistema potrebbe essere rivisto, stabilendo che il diritto a ricevere la liquidazione può essere rinviato solo nei casi di pensionamento anticipato.
Infatti, come abbiamo scritto nel paragrafo precedente, se la Corte decidesse di considerare illegittima tale pratica, lo Stato si troverebbe a dover reperire fondi per miliardi di euro per poter soddisfare gli obblighi di pagamento del Trattamento di fine servizio nei confronti dei lavoratori statali in pensione. Ciò metterebbe a serio rischio le casse dell’Inps, che rischierebbe una crisi finanziaria di vasta portata.
La situazione si complica ulteriormente quando si considera che, solo nel 2024, circa 150.000 dipendenti pubblici si ritireranno. Questo apporterà un costo previdenziale previsto superiore a 10 miliardi di euro.
L’importanza di mantenere un equilibrio nell’amministrazione dei fondi pensionistici dovrà quindi essere presa in considerazione nella sentenza finale.
Ora, la Corte Costituzionale sta valutando la questione per la seconda volta. Le sue decisioni potrebbero avere un impatto significativo non solo sui lavoratori pubblici, ma anche sul sistema previdenziale italiano nel suo complesso.
Uno dei possibili rimedi a questa situazione potrebbe essere la distinzione tra il vecchio Tfs (per i dipendenti assunti fino al 31 dicembre 2000) e il nuovo TFR (per coloro che sono stati assunti nel settore pubblico da gennaio 2001 in poi). Tuttavia, questa soluzione comporterebbe una ulteriore serie di complicazioni, poiché non è ancora chiaro come tale differenziazione sarebbe attuata. Non resta quindi che attendere una nuova sentenza in merito.