Il percorso di Max Verstappen per diventare campione del mondo di Formula 1 è stato lungo, seppure sia arrivato ad un’età davvero giovane. È proprio il pilota Red Bull a sottolineare le difficoltà che ha dovuto affrontare negli anni e soprattutto l’abilità sviluppata nel saper accettare determinati ostacoli.

È questa la sintesi delle parole dell’olandese che nel corso di una recente intervista ha raccontato le diverse fasi vissute all’interno del team, soprattutto quando si era la terza forza in pista. Da lì, l’inizio di un dominio che oggi è palese a tutti e che potrebbe facilmente durare per i prossimi anni:

Credo di aver imparato a essere molto paziente nel corso degli anni. Ho sempre creduto nel progetto per il modo in cui ho visto lavorare le persone e per la loro motivazione a tornare davvero al top. Non si può forzare la situazione e dire: ‘Eravamo la terza forza e ora dobbiamo vincere’. Si tratta di un processo, si prendono alcune persone, magari in posizioni diverse, si mette su un buon gruppo e a un certo punto, da un anno all’altro, scatta un vero e proprio salto in avanti.

Formula 1, Max Verstappen parla da campione: “Mi sono fidato del processo”

Una vittoria che ha tolto un’aspettativa altissima sul pilota olandese che tuttavia non avrebbe potuto raggiungere questo traguardo senza avere alle spalle una team ed una vettura impeccabile. Proprio a proposito di questo punto, Verstappen ha svelato che in più di qualche circostanza si era ritrovato a dover fare i conti con delle situazioni non ottimali, ma grazie alla costanza e alla pazienza è riuscito a risalire la china, fino ad arrivare al pilota che è oggi:

Mi sono fidato del processo che abbiamo intrapreso perché sentivo che stavamo andando in una direzione giusta. Ma ci sono stati alcuni anni in cui gli accordi per i motori sono venuti meno ed è stato un po’ difficile: a volte avevamo un pacchetto buono, ma poi ci mancava un po’ di velocità, e questo ha reso molto difficile mostrare il vero potenziale. Quando è arrivata la Honda, c’è stato un po’ di lavoro da fare, ma dopo un anno eravamo molto competitivi. Non è facile essere pazienti, ma a volte bisogna esserlo.

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