Prende progressivamente forma la missione di pace vaticana nella guerra scatenata dalla Russia contro l’ Ucraina, di cui aveva parlato papa Francesco sul volo di ritorno dalla sua visita in Ungheria. Una missione di due alti esponenti della gerarchia cattolica, inviati da Francesco uno a Mosca e uno a Kiev, per trattare la possibilità di un cessate il fuoco, sull’esempio della analoga missione inviata da papa Giovanni Paolo II a Baghdad e a Washington nel 2003 per cercare di fermare l’attacco americano all’Iraq.

Guerra in Ucraina, papa Francesco e la missione vaticana per la pace

Molto probabilmente andrà a Mosca l’arcivescovo Claudio Gugerotti, prefetto del dicastero per le chiese orientali, profondo conoscitore delle lingue russa e ucraina e delle realtà dei due Paesi. E molto probabilmente andrà a Kiev il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna. Un compito quasi impossibile per i due “inviati”. Gugerotti dovrà, infatti, convincere Vladimir Putin che “la missione speciale militare” in Ucraina non ha portato a nulla, rendendo anzi più problematiche le questioni che intendeva risolvere, per cui è ora indispensabile il cessate il fuoco. E Zuppi dovrà praticamente convincere Volodymyr Zelensky ad accettare un cessate il fuoco senza che sia stata raggiunta l’integrità territoriale dell’Ucraina. Una proposta quest’ultima avanzata dal papa nel suo recente incontro in Vaticano con il presidente ucraino, che ha però declinato nettamente la proposta. Il cardinale Zuppi ha tutte le credenziali per svolgere la missione che il papa gli ha affidato, avendo già ricoperto questo ruolo in delicatissime situazioni di guerra. La prima volta, nel 1990, quando con la Comunità di Sant’Egidio ha contribuito alla pacificazione nella guerra civile in Mozambico; e la seconda, quando nel 2017 gli esponenti dell’Eta (il movimento separatista basco) gli consegnarono le mappe dei propri arsenali, con una decisione unilaterale. Ma accanto a questi due grandi successi internazionali, “don Matteo” svolge un importante attività internazionale con la Comunità di Sant’Egidio a favore dell’accoglienza dei profughi eritrei ed etiopi che sono scappati e scappano dalle guerre civili nei rispettivi Paesi, e che arrivano in Europa attraverso i corridoi umanitari. Ma Zuppi coltiva anche intensi rapporti ecumenici con la chiesa ortodossa russa, e in questi giorni ospita nella diocesi di Bologna il vescovo Ambrozi, vicario per i moldavi ortodossi in Italia, che dipendono direttamente dal patriarcato di Mosca. Ma anche Gugerotti può vantare un ottimo profilo internazionale, essendo molto stimato sia a Mosca che a Kiev, dove tutti ci hanno parlato molto bene del suo lavoro di Nunzio apostolico nella capitale ucraina. E, anche se Oltretevere si dice che non c’è ancora nulla di deciso, possiamo già convenire che i nomi del cardinale Zuppi e dell’arcivescovo Gugerotti sono certamente all’altezza del compito che Francesco gli ha affidato.

Missione impossibile?

Un compito però che rimane, secondo il parere di tutti gli osservatori, al limite dell’impossibile. Perché non sembra proprio questo il tempo di un cessate il fuoco e di una tregua, e non a caso già Zelensky ha respinto la proposta del papa, mentre Putin non risponde neppure al telefono quando il papa chiama.

Raffaele Luisi per la rubrica “VaticanoMondo”