Dopo dieci mesi di estenuante battaglia, la città di Bakhmut è ormai quasi interamente sotto il controllo dell’esercito russo: ad annunciarlo, il leader del gruppo mercenario Wagner Evgenij Prigozhin, segnando la fine di quello che è stato forse il capitolo più lungo e sanguinoso della guerra in Ucraina.

Nonostante i recenti successi della controffensiva di Kiev, che ha liberato diverse aree fuori dal centro urbano di Bakhmut, l’assalto dei mercenari Wagner, negli ultimi giorni, si è notevolmente intensificato, sfondando le difese ucraine e occupando diverse aree fortificate, tra cui il cosiddetto “Nido”. Ha avuto un certo peso, secondo le indiscrezioni, l’arrivo dei rinforzi ceceni, promessi dal signore della guerra Ramzan Kadyrov in seguito alle prime notizie dei successi ucraini sui fianchi della città.

L’avanzata del Gruppo Wagner è stata supportata da devastanti bombardamenti incendiari, che hanno illuminato a giorno le rovine di Bakhmut, riprese in filmati scioccanti che stanno facendo il giro del web. Secondo i report dal fronte, alcuni gruppi ucraini continuano a opporre resistenza in edifici periferici al di fuori della città.

Continua, tuttavia, l’attività offensiva delle forze di Kiev sui fianchi della città. Evgenij Prigozhin ha nuovamente accusato dei recenti insuccessi le forze regolari russe, imputate di “codardia” o persino di un preciso piano delle élite russe per sbarazzarsi del leader mercenario.

La ritirata e la strategia ucraina: trasformare Bakhmut in un “calderone”?

Secondo alcuni, le forze di Kiev avrebbero rinunciato a inviare rinforzi in città proprio perché, grazie alle recenti controffensive, si erano aperte nuove strade per ritirarsi agevolmente, senza ricorrere alla “strada della vita” costantemente martellata dai colpi dell’artiglieria russa. L’esercito di Kiev continua infatti a mantenere una postura offensiva, cercando di conquistarsi i fianchi della città. La strategia potrebbe essere quella del “fissaggio” – costringere l’esercito russo a inviare molti uomini per mantenere la città, togliendo così risorse preziose da altri fronti – oppure quella di circondare la città in modo da renderla indifendibile e riprenderla in seguito.

Bakhmut, la battaglia più sanguinosa della guerra in Ucraina

La battaglia per Bakhmut infuria da ormai 10 mesi, e concorre con Verdun come battaglia più lunga della storia. Per entrambe le parti le perdite sono state pesantissime, benché tutte e due le fazioni rivendichino una ratio di perdite/uccisioni estremamente favorevole.

L’importanza di Bakhmut sembra essere stata soprattutto simbolica. La città è una posizione vantaggiosa per difendere (o aggredire) altri obiettivi militari, ma la sua conquista da parte russa non implica, secondo gli analisti, uno sfondamento del fronte ucraino. Anche da parte ucraina, molti hanno contestato la decisione di Zelensky di difendere fino allo stremo la “fortezza Bakhmut”, forse proprio allo scopo di negare a Mosca un obiettivo per cui sono state investite tanto sangue e risorse.

Interessanti, invece, le implicazioni nella politica interna russa: il leader mercenario Prigozhin potrebbe sfruttare il successo propagandistico della presa di Bakhmut per richiedere un ruolo da protagonista nella gestione della guerra in Ucraina. La competizione interna con altri elementi dell’esercito – specialmente il Ministero della Difesa – appare marcatissima.

Nel frattempo, da segnalare nuovi aiuti dagli USA verso Kiev con un pacchetto complessivo di 375 milioni di dollari.