Bacini di laminazione, cosa sono e perché se ne sta parlando? Mentre l’Emilia-Romagna è costretta a fare i conti con le conseguenze delle pesanti alluvioni provocate sul suo territorio dalle massicce piogge degli ultimi giorni, c’è chi fa il paragone con il vicino Veneto. Dati alla mano, sembra infatti che la Regione guidata da Luca Zaia – trovatasi in una situazione simile nel 2018 – sia riuscita a fronteggiare meglio l’emergenza acqua. Il motivo? Innanzitutto le infrastrutture.

Nel corso della “tempesta Vaia”, come fu chiamata in seguito, sulla Regione veneta si registrarono in poche ore oltre 700 millimetri di acqua (contro i 300 dell’Emilia). Si riuscì ad evitare il peggio grazie alla lezione imparata dopo aver subìto la pesante alluvione del 2010, che devastò i territori attorno a Padova e Vicenza, e in seguito alla quale, sul territorio, furono introdotte numerose “aree di contenimento”. Cosa che, come mette in luce il Corriere della Sera, in Emilia-Romagna non è ancora avvenuta. Dei 23 previsti, solo 12 erano funzionanti allo scoppio dell’attuale emergenza. Se ci fosse stata una maggiore attenzione alla pianificazione, molti degli ingenti danni a cui si sta assistendo forse avrebbero potuto essere evitati.

Bacini di laminazione, cosa sono e come funzionano

I bacini di laminazione sono delle “aree di contenimento” che, in caso di piena, accolgono l’acqua in eccesso dei fiumi, evitando che essi straripino. In sostanza, l’amministrazione competente individua un’area adiacente ad ogni corso d’acqua, normalmente usata a scopi ambientali, agricoli, turistici e così via, da utilizzare in caso di emergenza per accumulare parte dell’acqua dei fiumi. In caso di pericolo di esondazione, i limiti dell’area vengono aperti e l’acqua ci finisce dentro. L’obiettivo è evitare che, uscendo dai margini, essa possa provocare danni a persone o cose. Si tratta di un’operazione nota come “laminazione (“riduzione”) della piena”, da cui il nome delle infrastrutture utilizzate.

Trattenendo una parte del volume dell’acqua, queste ultime permettono di preservare i territori e le comunità che si trovano a valle. Per questo vengono introdotte soprattutto nelle zone più a rischio. Il Veneto se ne è dotato utilizzando i 3,5 miliardi di fondi stanziati dopo l’alluvione del 2010, che colpì pesantemente grandi parti di territorio. Una modifica che nel 2018 gli permise di uscire abbastanza indenne – almeno rispetto al passato – dalla “tempesta Vaia”, durante la quale si registrarono forti piogge e raffiche di vento, tanto da far contare oltre 700 millimetri di acqua in poco più di 70 ore. In Emilia-Romagna dall’inizio dell’emergenza ne sono caduti circa 300. Ma le conseguenze sono state, purtroppo, tragiche.

La situazione in Emilia-Romagna

A causa delle massicce piogge degli ultimi giorni – solo una delle conseguenze dei cambiamenti climatici in atto non solo in Italia, ma in tutto il mondo e, purtroppo, sempre più frequenti -, il territorio della Regione è costretto a fare i conti con danni e perdite ingenti. Dei 23 bacini di laminazione previsti in fase di programmazione, solo 12 erano funzionanti allo scoppio dell’emergenza. Per gli altri i lavori erano ancora in corso. Anche per questo motivo oltre 20 fiumi sono esondati, dopo aver raggiunto la piena, provocando alluvioni che, a loro volta, hanno messo in ginocchio centinaia di migliaia di persone, costrette ad abbandonare le proprie case. Alcune, 14 secondo l’ultimo bilancio, hanno perso la vita.

Ricostruiremo tutto. Ora mi interessa che vengano messe in salvo le persone,

ha dichiarato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ricordando che nella giornata di domani, 20 maggio, cadrà anche il doloroso anniversario del terremoto dell’Emilia. È un’emergenza, l’ennesima, che evidenzia il dovere di agire sui territori – come il caso Veneto dimostra -, prevenendo stragi del genere.