Rafael Nadal si ritira, ormai è ufficiale. Il fuoriclasse maiorchino ha convocato una conferenza stampa in cui ha annunciato al mondo intero che il 2024 sarà il suo ultimo anno su un campo da tennis. Non vederlo agli Internazionali di Roma è stato durissimo per il pubblico italiano, pensare che forse non accadrà neppure il prossimo anno e mai più fa stringere un nodo allo stomaco. Tra 12 mesi Nadal si ritira e darà il suo addio, se al Roland Garros o alle Olimpiadi di Parigi non è ancora dato sapere. Uno dei più grandi atleti di tutti i tempi ora deve pagare il conto a quel fisico che forse ha spinto oltre ogni limite. Lo ha fatto perché per compensare un evidente lacuna nel talento rispetto a Roger Federer e nella completezza rispetto a Novak Djokovic ha dovuto andare oltre i limiti della resistenza fisica. Le sue maratone vinte nelle finali dello Slam sono un qualcosa che difficilmente avremo modo di rivedere.
Nadal si ritira, non eravamo pronti a tutto questo
Il ritiro di Rafael Nadal è un qualcosa a cui nessuno dei milioni di appassionati nel mondo era pronto. Molti non erano forse neppure nati nel 2004 quando questo fuoriclasse ha giocato per la prima volta il Roland Garros: da quel momento ha alzato la Coppa dei Moschettieri 14 volte, un qualcosa di inimmaginabile su una superficie complessa e dispendiosa come la terra rossa. Non è sicuramente quella dove la tecnica la fa da padrona, ma questo rende ancor più straordinaria la longevità di questo artista della racchetta. Federer è stato il più grande di tutti i tempi grazie ad un talento innato donato da madre natura, con una mentalità che troppe volte lo ha abbandonato nei momenti decisivi, mentre Djokovic è stato un cyborg che ha anche sconfitto spesso e volentieri il tifo avverso con gli appassionati che non lo hanno mai amato fino in fondo. Poi c’era il terzo dei tre, Rafael Nadal da molti ritenuti inferiore e che guarda caso è stato il primo a staccare gli altri due per numero di Slam vinti.
Il match a Wimbledon con Federer sarà per sempre irripetibile
Ci hanno provato in tanti ad accusare Rafael Nadal per i suoi trionfi, macchiare quanto conquistato sul campo: gli hanno detto dopato, lo hanno accusato di aver barato, tutto questo per aver forse portato al limite il beniamino di tutti Roger Federer ed averlo sconfitto. L’unica colpa di Rafael Nadal è stata quella di essere un atleta ambizioso, uno sportivo che ha voluto spingersi oltre i limiti. Lo ha fatto quando a Wimbledon nel 2008 ha sconfitto il più forte di sempre in cinque set dopo tre interminabili tie break: 4 ore e 48 minuti di gioco che hanno attraversato sole, pioggia e oscurità. Nadal è morto e risorto in quel match come ha fatto più volte durante la sua carriera. Una carriera la sua imparagonabile con quella di qualunque altro sportivo di qualunque disciplina. Per questo tutti in fondo speriamo che questo suo annuncio sul ritiro sia solo l’ennesimo scherzo di un campione pronto ancora a stupire.
Cosa ci mancherà di più di Rafael Nadal
La commozione e gli occhi lucidi nell’annunciare che per la prima volta dopo 18 anni non sarà a Parigi, dove la sua Coppa non potrà essere difesa sono la sintesi perfetta delle lacrime per qualunque appassionato. Non è mai giusto che un atleta non possa difendere quanto conquistato sul campo, sia esso da tennis o di calcio. L’assenza di Nadal è la morte dello sport, l’addio all’atleta capace di trionfare in Australia non riuscendo neppure a camminare. La sua sofferenza, la sua voglia di non arrendersi mai, meritano sicuramente un finale diverso. Meritano il finale olimpico con la possibilità di giocarsi il secondo oro nel singolare a Parigi dopo quello conquistato nel 2008 a Pechino. Sarebbe un trionfo a distanza di 16 anni dal primo, l’ennesimo record per un’atleta che ha insegnato al mondo che con la sofferenza e la determinazione si può colmare la distanza con il talento innato.