Dove c’è del fumo c’è sempre qualcosa che brucia. E nel fuoco che scalda sotto la cenere del governo Meloni, la fiamma dell’argomento scottante resta sempre quello delle riforme. Che sia fiscale, federale o presidenziale ognuno sembra avere la propria priorità, resta la volontà l’unico punto in comune per i due alleati. L’importante è che si faccia, e che si passi alla storia. La polemica si è riaccesa con grade velocità ieri, 17 maggio, quando è stato pubblicato sul sito del Senato, e sui profili ufficiali di Linkedin, uno studio che boccia il testo di riforma di Calderoli. Lo studio presentava “alcune criticità” che comporterebbero un forte “rischio di disparità economiche fra le regioni”, minando di fatto la finalità della riforma.
Riforme: attriti pericolosi tra Meloni e la Lega
Se non si trova un accordo e si continua con questa manfrina, in cui i partiti di maggioranza credono solo nella propria idea, si rischia che l’elefante partorisca l’inutile topolino. Non bisogna dimenticare infatti che la riforma federalista resta la bandiera più importante per il partito di Salvini e Calderoli. Il governo meloni dal canto suo ha dimostrato con i fatti di voler aprire al dialogo con le opposizioni. Ma lo ha fatto dai palazzi del governo mentre sarebbe stato più opportuno farlo in parlamento, sede primaria del potere legislativo.
Il report era solo un errore, non c’è stata nessuna manina maligna
Dalle pagine del Corriere della Sera è il presidente del Senato La Russa che si affretta a minimizzare i possibili danni del documento apparso su Linkedin, “Non c’è alcuna manina. Si è trattato di un puro errore”. E a chi lo accusava di esserci proprio lui dietro tutto questo, risponde: “Ma no! Nessun presidente del Senato sarebbe così sciocco da fare una cosa simile esponendosi a giustificate critiche”. Insomma, se gli indizi raccontano di un possibile attrito sulle priorità da riformare tra alleati, il Presidente La Russa ci tiene a precisare che c’è larga condivisione d’intenti e che “non c’è nessun retroscena di valenza politica. Era un dossier come tanti che per errore è stato pubblicato prima che venisse licenziato dagli uffici”.