Climate Quitting cos’è. Andiamo a scoprire questa nuova tendenza che nasce dalla scarsa attenzione di alcune aziende all’ambiente e alla salute del pianeta.

Climate Quitting: cos’è e come impatta sul mondo del lavoro

Un report di Bloomberg ha citato una serie di dati raccolti dall’International Energy Agency: durante l’anno passato, è aumentato notevolmente il numero di persone che ha investito la propria professionalità in aziende dell’energia pulita e rinnovabile. Basandosi sull’indagine condotto dal Global Green Skills Report, Linkedin ha focalizzato l’attenzione su quanto sia aumentata esponenzialmente la richiesta di “green skills” all’interno delle offerte di lavoro.

Si tratta di avere delle competenze legate al settore ambientale, dove chiaramente spunta il tema delle sostenibilità, delle energie rinnovabili e dello zero-waste. Ci troviamo chiaramente di fronte ad una situazione in cui sempre più aziende si accorgono del fatto che non si può prescindere dall’impatto ambientale che una realtà lavorativa può avere. Di conseguenza, ad oggi ci sono molti contesti lavorativi che seguono il processo dettato dalla green economy e che rispettano la volontà di chi, da dipendente, vuole sentirsi parte attiva di un processo.

Proprio per questi motivi si parla di climate quitting, ovvero della tendenza a lasciare un posto di lavoro o un’azienda che non sostiene l’ambiente e non ha a cuore le sorti del Pianeta. Inoltre, sempre più lavoratori decidono di intraprendere una carriera nella lotta ai cambiamenti climatici, anche quando si trovano di fronte ad una retribuzione inferiore.

Le testimonianze

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, con le giuste politiche in atto entro il 2030 potrebbero essere creati oltre 24 milioni di posti di lavoro verdi a livello globale. Tuttavia il problema che potrebbe venire a crearsi è che la difficoltà nel ricoprire queste posizioni di lavoro – per le quali i lavoratori dovranno essere preparati sui temi ambientali – non sarà affatto facile.

Sono scoppiata a piangere alla mia scrivania. Il mio figlio più piccolo all’epoca aveva otto anni. Quindi 12 anni lo avrebbero portato a diventare letteralmente un adulto, diventando maggiorenne in un mondo che stava rapidamente diventando inabitabile.

Questo è quello che ha raccontato Catherine Cleary al podcast di Bloomberg. Una ragazza che nel 2020 ha smesso di recensire ristoranti – lavoro che faceva da anni – ed ha fondato Pocket Forests, che pianta alberi autoctoni e rigenera il suolo delle aree urbane.

Un’altra testimonianza arriva da Justin Kennedy, ha lasciato la sua carriera ventennale come legale nel settore petrolifero ed ora lavora per SunCable, un’azienda che come mission ha quella di costruire una linea di trasmissione sottomarina di 4.200 chilometri per portare l’energia solare australiana a Singapore:

Ho una certa simpatia per le persone che rimangono nel petrolio e nel gas. Ma penso che abbiamo superato il punto di svolta. La transizione sta avvenendo, i ruoli ci saranno.