Può sembrare una storia minore di un’Italia alle prese con le gravissime conseguenze della crisi energetica, la guerra alle porte, l’arrivo di migliaia di migranti, ma non è così perché quando si colpiscono i diritti delle minoranze suona un campanello d’allarme per la democrazia.

E’ il caso di Palazzo Giustiniani, quel luogo dove venne firmata la Costituzione, dove sono ubicati gli uffici dei senatori a vita e dei gruppi parlamentari, e che dall’inizio del Novecento fino agli anni Ottanta è stato la sede del Grande Oriente d’Italia, la più antica comunione massonica, che l’aveva acquistato per un milione e 55mila lire. Il fascismo prima, a forza di botte, si prese quel palazzo e la Repubblica dopo, non mantenendo la parola data e firmata, di quel palazzo non sono stati riconsegnati ai proprietari neppure i 140 metri quadrati previsti da una transazione firmata nel 1991 all’epoca di Giovanni Spadolini presidente del Senato.

Da Giovanni Spadolini a Ignazio La Russa, il Senato e i diritti delle minoranze

Della vicenda che ha dell’incredibile negli ultimi giorni se ne sono occupati alcuni quotidiani, il Corriere della Sera il Fatto Quotidiano e Affari Italiani, e Radio24 e Radio Radicale. Lo spunto è dato dal ricorso presentato dal Grande Oriente d’Italia alla Corte di Cassazione per stabilire la giurisdizione competente dopo che il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato avevano “declinato” l’invito a occuparsene rimandando la decisione al tribunale ordinario. 

Oltre alla via giudiziaria resta in piedi quella diplomatica. Il presidente del Senato Ignazio La Russa sulla scia del suo predecessore Spadolini potrebbe sanare un’ingiustizia ai danni di una minoranza e soprattutto mantenere la parola data e sottoscritta da un’istituzione della Repubblica.

Stefano Bisi