Habemus Sgarbi! La virtuale fumata bianca è stata avvistata sulle colline di Arpino già nel tardo pomeriggio di lunedì, quando dalle otto sezioni elettorali erano stati scrutate molte delle complessive 4700 schede. Più di 2000 arpinati hanno scelto la lista numero uno, “Rinascimento per Arpino”.
Arpino, Sgarbi sindaco
Questi arpinati, cioè la netta maggioranza, non hanno ritenuto credibili le proposte delle altre due liste, a partire da quanti le rappresentavano: “Direzione Arpino” espressione di Forza Italia, guidata dall’Ing. Gianluca Quadrini al quinto tentativo per diventare sindaco; l’altra creata dall’ing. Andrea Chietini, transfuga alla vigilia delle elezioni dal raggruppamento dell’ex sindaco, l’avvocato Renato Rea, che in gran parte è confluito in “Rinascimento per Arpino”.
Le due liste alternative, “In comune per Arpino” e “Direzione Arpino”, banali anche nella simbologia e nelle denominazioni, con i loro chilometrici programmi di buone intenzioni e di sogni irrealizzati, non hanno convinto. Neanche le critiche rivolte al Sottosegretario alla Cultura sono apparse decisive. Avrebbero dovuto cercare i limiti dello Sgarbi sindaco di Salemi o di Sutri, ad esempio, per sostenere un dato semplice ma risolutivo: “Se Sgarbi non è stato un buon sindaco prima, perché dovrebbe esserlo ad Arpino?”. Ma forse i limiti dello Sgarbi sindaco non erano così scontati, o comunque i due competitors dello Storico dell’Arte non sono stati in grado di trovarli o di usarli ai loro fini. Si sono limitati a ripetere in tutte le salse che Sgarbi non era d’Arpino e che non conosceva i problemi della Città, gli stessi presenti nei loro programmi, che loro per primi negli anni non erano riusciti a risolvere.
Assai poco padroni della retorica e della dialettica di Marco Tullio i due competitors, ne hanno disatteso gli assunti elementari: valorizzare i propri argomenti e sminuire quelli dell’avversario. Protagora di Abdera diceva che il buon retore “Trasforma l’argomento debole in argomento forte e viceversa”. Non è riuscito a Chietini e Quadrini, forse in quanto ingegneri e non retori, o forse perché non avevano molto da valorizzare dei loro curricula di amministratori.
Il brand Arpino
Quasi la metà degli elettori ha pensato di non aver bisogno di un Sindaco Piantone, che presidiasse le strade e le piazze del paese, o che conoscesse i nomi di tutti i suoi concittadini (altro brillante argomento elettorale), ma di una persona capace e prestigiosa, di presenza politica e operativa. Per fare cosa? La rinascita di una città si promuove innanzitutto accrescendo la sua ricchezza. Come? In vari modi, ma sicuramente nessuno è preferibile alla crescita dell’economia e conseguentemente del benessere sociale, attraverso la valorizzazione delle risorse locali, almeno quando queste siano presenti in modo significativo. Arpino ha un brand unico, dei tratti distintivi che ne fanno un luogo inimitabile. È una realtà dove esiste un connubio felice di geografia e storia: a settanta km dal mare, il pelagum da dove sono arrivati popoli, civiltà, pirati saraceni… Primo retroterra del Mediterraneo che, come ricorda Braudel, si estende fin dove crescono la vite, il fico e l’olivo, copiosamente presenti nei luoghi di Cicero, Mario, Agrippa e Giuseppe Cesari. Alta collina con le montagne alle spalle e le vallate ai suoi piedi; territorio frammentato ma fertile dove c’è posto per svariate produzioni agricole e forme di allevamento domestico. A cento km. da Napoli, presente nell’idioma, nella cucina, nella pasticceria e in modi diversi. Ma Arpino è, prima di ogni altra cosa, uno spazio relativamente ristretto, attraversato da tanta storia che ha lasciato testimonianze nella cultura, nella religione, nell’arte, nel linguaggio, nel costume, nell’abbigliamento, nella cucina, nelle credenze, nel folklore e soprattutto nell’archeologia e nell’architettura. Ci sono mura e costruzioni tipiche del contesto miceneo, torri e parti del Castello Ladislao di epoca medioevale, case patrizie dove prevale il liberty, chiese di un sobrio barocco, ma non mancano fortificazioni di epoca rinascimentale e strade romane con tempietti alle muse, per non parlare dei palazzi ottocenteschi e del primo Novecento, o di affreschi del Cavalier d’Arpino sparsi fra chiese e palazzi. Non tutte queste realtà sono perfettamente restaurate e fruibili, non tutte sono valorizzate e conosciute in ambito regionale e nazionale. Poche persone come uno storico dell’arte che combini competenza, passione ed esperienza politico-amministrativa sono in grado di promuovere la loro organica sistemazione e la loro piena valorizzazione. Ma Sgarbi non è il Deus ex Machina che discende dai cieli governativi per risolvere magicamente tutti i problemi; non è il Maradona che vincerà da solo tutte le partite, giocando anche per altri e in ruoli non suoi.
Lavoro collettivo
Sarà fondamentale il lavoro collettivo, della giunta, delle realtà imprenditoriali, della cittadinanza; il lavoro sul territorio, in ambito amministrativo, gestionale. Bisognerà migliorare la capacità ricettiva di Arpino, trovare una nuova collocazione a edifici come il Palazzo Sangermano, riqualificare e rendere fruibile parte non insignificante della Fondazione Mastroianni.
Sgarbi non è solo, ha il sostegno di tanti arpinati, ma pure di una giunta fatta di persone che hanno amministrato Arpino negli ultimi anni, fra difficoltà di varia natura, con pesanti eredità in termini di deficit di bilanci, ma non senza meriti. Il fatto che Massimo Sera e Bruno Biancale abbiano ottenuto cinquecento preferenze a testa è un chiaro indice di apprezzamento della cittadinanza per il lavoro fatto e anche per il sindaco che lo ha coordinato, l’avv. Renato Rea, che per dieci anni ha lavorato con impegno e a titolo gratuito per Arpino.
La sera di lunedì, nel Palazzo Boncompagni, dove ha stabilito il suo ufficio di primo cittadino, Sgarbi ha ribadito il ruolo fondamentale del sindaco alla base dell’amministrazione e del governo cittadino, come pure l’esigenza di valorizzare sul piano nazionale realtà come Arpino, con potenzialità non ancora trasformate in occasioni di crescita, sviluppo e occupazione.
Auguriamo al nostro Sindaco tempo, salute e passione. Il tempo e il sudore , ricorda Esiodo, sono stati posti dagli Dèi fra l’uomo e le sue realizzazioni; la salute che seppure non è tutto, ci insegna Schopenhauer, rende vano tutto il resto se manca; la passione senza la quale niente di bello e significativo si realizza.
Enrico Ferri, professore ordinario di Filosofia del Diritto all’Unicusano