Il progetto “Belt and Road”, conosciuto come “la nuova via della seta”, promosso nel 2013 dal presidente Xi-Jinping, è un accordo di collaborazione tra la Cina e i suoi partner economici, con l’obiettivo di creare un’imponente opera infrastrutturale e culturale in grado di collegare Pechino con il resto del globo.
Il 23 marzo 2019, con un cerimoniale svolto a Villa Madama, si svolgeva l’incontro ufficiale tra il premier italiano Giuseppe Conte, con la partecipazione del ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, e il presidente cinese Xi-Jinping. L’incontro, al quale parteciparono delegazioni sia italiane sia cinesi di ministri, funzionari pubblici e manager, in rappresentanza della struttura sociale ed economica bi- laterale, permise all’Italia di essere l’unico paese del G7 ad aderire al progetto di cooperazione e sviluppo commerciale promosso da Pechino.
La firma del memorandum bi-laterale rappresentava, tanto per la Cina che per l’Italia, la possibilità di aumentare i flussi commerciali tra i due paesi; rendendo Roma e Pechino due partner commerciali in grado di massimizzare i flussi di export dai propri asset commerciali presenti nei mercati di riferimento.
La via della seta, la crescita dell’export della Cina verso l’Italia
Con un andamento in costante crescita dal 2019 al 2022, che si conferma anche dai primi dati riguardanti il trend seguito nelle prime fasi del 2023, il dragone si dimostra giocare una posizione forte nelle esportazioni verso Roma.
Dai dati forni da info Mercati esteri, lo strumento di business realizzato dalla Farnesina per fornire informazioni che si riferiscono ai mercati esteri, è evidente come le esportazioni della Cina verso l’Italia siano in costante crescita, tanto da aver superato la quota dei 57 milioni di euro nel 2022.
Anno: Totale (mln. €)
2020 32,256
2021 38,577
2022 57,507
Fonte: info Mercati esteri
Per la Cina, l’Italia rappresenta il ventunesimo mercato, su base globale, di destinazione del proprio export; mentre per Roma il dragone è il secondo fornitore globale.
L’analisi dei dati, relativi alla composizione merceologica delle esportazioni di Pechino verso Roma, mostra come l’export di Computer, apparecchi elettronici e ottici, stimata al 15.9% della quota di mercato, sia pari a circa 9.148 milioni di euro.
Il settore tessile e dell’abbigliamento, con un 14.1% della quota di mercato pari a circa 8.102 milioni di euro, è il secondo settore specifico di riferimento per l’export cinese verso il bel paese; a seguire, con il 12.2% della quota di mercato pari a circa 7.033 milioni di euro, le esportazioni di macchinari e apparecchiature dalla Cina verso l’Italia, rappresenta il terzo settore specifico di riferimento per l’export cinese.
Anche gli apparecchi elettronici, con una quota di mercato stimata al 12.1% pari a 6.968 milioni di euro, rappresentano un mercato molto proficuo per le esportazioni su base annua di Pechino verso Roma. Sia il comparto chimico, con una quota di mercato dell’11.7% pari a 6.728 milioni di euro, che la metallurgia, con il 10.4% della quota di mercato pari a 5.960 milioni di euro, si dimostrano settori molto floridi per l’economia del dragone.
Il dragone, con una composizione molto variegata delle merci esportate su base annua, esalta l’ampia rete commerciale che negli anni è stato in grado di tessere verso il mercato interno del bel paese.
Da Roma a Pechino, l’Italia debole nell’export verso il dragone
In netta controtendenza, rispetto ai dati che si riferiscono all’export della Cina verso l’Italia, le stime sull’import di Pechino da Roma mostrano come il bel paese gioca un ruolo secondario negli scambi commerciali internazionali tra Italia e Cina; con Roma in difficoltà nell’affermarsi nel mercato interno cinese.
Anno Totale (mln.€)
2020 12.851
2021 15.657
2022 16.442
Fonte: info Mercati esteri
Tra i settori di maggior riferimento nelle esportazioni da Roma verso Pechino, con una quota di mercato stimata al 10.5% pari a 3.706 milioni di euro, l’export di macchinari e apparecchiature rappresenta per l’Italia il settore di riferimento di maggiore interesse.
A seguire, con una quota di mercato del 10% pari a 3.537 milioni di euro, le esportazioni di prodotti tessili e di abbigliamento, rappresentano il secondo settore di riferimento per l’export italiano verso Pechino. Al 4.3% della quota di mercato, relativa a 1.506 milioni di euro, le esportazioni di articoli farmaceutici e chimico-medicinali chiudono la classifica dei primi tre settori di maggiore interesse.
Per il made in Italy il mercato cinese si dimostra particolarmente difficile, tanto da non riuscire ad ottenere i risultati di crescita ambiti neanche a fronte dell’accordo stipulato tra Roma e Pechino nel 2019. Confortanti, ma non sufficienti per gioire, sono i dati che si riferiscono all’export di lusso da Roma verso Pechino; mercato nel quale, in particolar modo nei settori dell’alta moda e dell’artigianato, il prodotto italiano è molto apprezzato nel mercato di riferimento cinese.
La via della seta, le ambizioni di crescita sfumate
Con la firma del memorandum, che portava l’Italia a essere il primo, e unico, paese tra i membri del G7 ad aderire all’ambizioso progetto di cooperazione e di sviluppo economico con il dragone, Roma ambiva a prospettive di crescita dei suoi flussi di export verso Pechino, molto superiori rispetto a quanto ottenuto.
Le ampie prospettive di crescita dell’export italiano verso la Cina, sono svanite anche con i deludenti risultati ottenuti dalle esportazioni degli agrumi della Sicilia verso Pechino. Nel 2019 con un tavolo tecnico istituito alla Farnesina, presieduto dal Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, si studiava una strategia efficace per esportare le arance rosse della Sicilia e affermare l’eccellenza culinaria del made in Italy nella terra del dragone.
I risultati ottenuti sono stati deludenti; se nel 2019 le esportazioni di agrumi dalla Sicilia verso Pechino sono state stimate paria a circa 162.460€, nel triennio successivo le esportazioni si sono interrotte. Un risultato troppo esiguo per sperare in un successo economico in grado di aprire nuove rotte per le esportazioni, anche nel settore enogastronomico, nel quale l’Italia vanta primati mondiali, e di porre le basi per una fitta rete di export internazionale con il dragone.
Dalla Pirelli alla Cdp Reti, la Cina e gli investimenti in Italia
Tra il 2020 e il 2021 Pechino ha investito circa sedici miliardi di euro verso importanti gruppi aziendali italiani; rendendo l’italia, il terzo paese europeo destinatario dei maggiori investimenti, dopo il Regno Unito e Germania.
Per il dragone l’Italia non rappresenta solo un ottimo mercato di sbocco per il proprio export, confermato dai dati che indicano la crescita costante negli ultimi anni, ma è un importante bacino per investimenti verso asset strategici.
Nel 2014, con un investimento di 2.101 milioni di euro, il gruppo cinese Grid Corporation of Cina rileva il 35% di CDP reti; la società del gruppo cassa Depositi e Prestiti che gestisce gli investimenti partecipativi di Snam, Italgas e Terna, attive nel settore dello sviluppo delle infrastrutture strategiche per l’energia elettrica e il gas.
Nel 2015 la Pirelli & C. S.p.A., multinazionale con sede in Italia e attiva nel settore della produzione di pneumatici per automobili e moto, è rilevata dalla ChemChina (China National Chemical Corporation) l’azienda pubblica cinese che opera nel settore dell’industria chimica. Attraverso una manovra finanziaria, basata sull’acquisizione della quota di maggioranza in possesso della Camfin S.p.A. (l’azienda italiana controllata da Marco Tronchetti Provera), l’azienda pubblica cinese diventa l’azionista di maggioranza della Pirelli & C. S.p.A.
Un’analisi riguardante i flussi commerciali tra Italia e Cina
I dati che si riferiscono ai flussi economici generati dalle attività di Import ed Export tra Italia e Cina, dimostrano come Pechino abbia una netta superiorità, in termini economici, degli scambi commerciali verso Roma; al contrario, per il bel paese, i flussi economici generati dalle esportazioni verso il dragone sono ancora troppo modesti perché giustifichino le forti ambizioni che hanno spinto l’Italia a stipulare con la Cina l’accordo sulla “nuova via della seta”.
Dal 2019 a oggi, se da un lato la supremazia commerciale del dragone, forte di un tessuto produttivo con bassi costi di produzione che si traducono in prezzi molto concorrenziali dei prodotti esportati, ha permesso alla Cina di affermarsi in svariati settori commerciali. Dall’altro, il made in Italy, con costi di produzione notevolmente più elevati, si è dimostrato poco concorrenziale sul mercato interno cinese.
La nuova via della seta, da accordo di cooperazione economica per i flussi commerciali tra Roma e Pechino, si è rilevata un accordo in grado di favorire, quasi ed esclusivamente, in maniera uni-direzionale i flussi di esportazioni da Pechino verso Roma.
Gianni Truini