In tempi recenti, la visione del mondo del lavoro sembra essere in un’inesorabile evoluzione. Nonostante ciò, il dibattito pubblico sembra ridurre la complessità del fenomeno a slogan come smart working, grandi dimissioni, settimana corta, perdendo di vista la ricchezza del cambiamento in atto. In questo contesto, la business community FiorDiRisorse ha lanciato un sondaggio nazionale, coinvolgendo professionisti e aziende, per sondare l’attuale percezione del lavoro in Italia. E in questa ricerca emerge una frase chiave: cambiare lavoro. I motivi non sono sempre prevedibili.
In un’epoca in cui i sentimenti sul posto di lavoro vengono finalmente presi in considerazione dopo anni di un approccio aziendale basato principalmente su numeri e competenze, è fondamentale capire come, quando, perché e con chi si desidera lavorare. L’indagine, condotta in collaborazione con SenzaFiltro, esplora proprio questo aspetto, mettendo al centro dell’attenzione l’individuo e le sue esigenze.
Cambiare lavoro: gli italiani hanno voglia di lavorare, ma a certe condizioni
I risultati del sondaggio, che saranno annunciati durante la sesta edizione di Nobìlita, il Festival della Cultura del Lavoro, martedì 16 maggio presso l’Acquario Romano a Roma, hanno rivelato una situazione interessante. Due lavoratori italiani su tre sono pronti a cambiare lavoro o stanno già intraprendendo questo passo. Questo dato ha portato alla formulazione della domanda chiave: “Abbiamo ancora voglia di lavorare?”. La risposta, sembra essere un Sì, ma con alcune condizioni.
Cosa vogliono i lavoratori italiani
Dalle risposte emerse dal sondaggio, spicca la convinzione che gli italiani desiderano lavorare, ma con stipendi adeguati e con un equilibrio tra tempo professionale e personale. Gli intervistati hanno evidenziato l’importanza di una gestione equilibrata del tempo, con l’11% che preferirebbe lavorare meno, anche a discapito di un salario inferiore. Solo il 5% ha espresso la volontà di lavorare più ore per un guadagno maggiore.
Cambiare lavoro per guadagnare di più (ma non solo)
La remunerazione rimane una questione delicata. Quasi il 90% degli intervistati non ritiene che gli stipendi in Italia siano proporzionali al costo della vita, mentre l’86% non crede che le retribuzioni rispecchino le competenze. Eppure, nonostante ciò, c’è un affetto per il Paese e per l’ambiente di lavoro, con il 59% che non è d’accordo con l’affermazione “Lavorare in Italia è meglio rispetto ad altri Paesi europei”.
Le risposte alla domanda “Definisci con una parola o un aggettivo il mondo del lavoro oggi in Italia” hanno evidenziato sentimenti di frustrazione, con termini come quelli che ora elenchiamo:
- Sottopagato
- Anacronistico
- Non meritorio
- Inadeguato
- Deprimente
- Vecchio
Il mercato del lavoro in Italia non è statico
Il sondaggio ha inoltre evidenziato come il mercato del lavoro italiano sia caratterizzato da una certa mobilità, con solo un quarto degli intervistati che non ha cambiato lavoro negli ultimi 10 anni. Inoltre, il 19% ha dichiarato di aver cambiato lavoro tre volte nello stesso periodo, il 18% due volte, e un numero simile ha fatto un solo cambio. Il quadro che emerge è di un panorama lavorativo dinamico e in costante movimento, con oltre la metà degli intervistati che, pur avendo un impiego, sono aperti a valutare nuove opportunità.
Sorprendentemente, l’ambizione di una “carriera brillante” non sembra essere la priorità principale. Piuttosto, i lavoratori sono guidati dalla ricerca di uno “scopo superiore“, dal desiderio di guadagnare abbastanza per vivere e dalla volontà di migliorare continuamente nella propria professione. Questo dato riflette indubbiamente un cambiamento nel modo in cui i lavoratori vedono il loro ruolo e la loro carriera.
Cambiare lavoro con frequenza: le aziende s’interrogano
È innegabile che questi risultati rappresentino un importante segnale per le aziende, che sono tenute ad adeguarsi a queste nuove esigenze (o quantomeno ad ascoltarle con attenzione) per attrarre e trattenere i talenti e mantenere la propria forza lavoro motivata e produttiva.
Alla luce di questi dati, infatti, è evidente che l’Italia si trova in un periodo di transizione importante nel mondo del lavoro, della cui considerevole rilevanza probabilmente ce ne accorgeremo solo in un periodo successivo. Se da un lato c’è una chiara insoddisfazione per le condizioni attuali, dall’altro c’è un desiderio di cambiamento e di miglioramento, di adattamento a condizioni professionali migliori, anche alla luce delle esperienze formative e professionali all’estero, che sembrano raccontarci che un altro mondo (del lavoro) è possibile. Come risponderanno le aziende e il mondo politico a queste esigenze, però, è una domanda che rimane aperta.