Hacker e tecnologie avanzate sono il futuro della lotta alla mafia. Così in sintesi il pensiero del procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, intervenuto ad un convegno alla sala stampa della Camera dei deputati. Presentato per l’occasione il rapporto “Le mafie nell’era digitale”.
Per Gratteri fondamentali saranno gli hacker
Per il procuratore di Catanzaro la priorità è una battaglia che bisogna combattere con una rincorsa alla tecnologia. Per Gratteri infatti “Mentre la politica discute di utilità o meno delle intercettazioni, le mafie sono sempre più presenti nei social”. C’è bisogno di essere veloci e al passo con i tempi: “Una questione di velocità nell’apprendere l’utilità delle tecnologie ma soprattutto sono in grado di pagare degli hacker e di crearsi nuovi sistemi di comunicazione simili a Whatsapp e a Telegram”.
Poi il procuratore fa l’esempio di altri paesi che sono più avanti tecnologicamente: “Noi ad ora non siamo riusciti a bucare nessuno dei loro sistemi comunicativi, altri paesi sono più avanti”. Alla fine arriva la richiesta di figure professionali diverse dal solito: Bisogna finirla di arruolare solo il maresciallo o il poliziotto o il carabiniere nei servizi segreti. Dobbiamo assumere ingegneri informatici e hacker, altrimenti non riusciremo mai a essere competitivi con le altre migliori polizie del mondo”.
Mafie nell’era digitale, come difendersi
La rivoluzione digitale ha cambiato il modo di comunicare e le mafie sono sempre state al passo con i tempi. Nel grande ecosistema digitale i Social Network sono diventati i vettori privilegiati di interazione e diffusione dei contenuti. Proprio su questo aspetto che lo studio ha voluto indagare presentato alla camera. Ne è emerso una galassia digitale criminale che si alimenta in maniera circolare. “I social sono lo specchio e il motore di aggiornamento costante della cultura criminale mafiosa che risemantizza i vecchi immaginari costruendo consenso attraverso una bulimica creazione di contenuti”.