Solitario come un lupo, legato alla propria famiglia e ai propri affetti, ma che ha anche bisogno di stare da solo. Novak Djokovic si descrive così in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui si è raccontato a 360 gradi, partendo dalla sua infanzia ai giorni più recenti, quelli in cui si è sentito per molti versi abbandonato per le sue scelte e per essere stato additato come un No Vax. Nato sciatore racconta come sia cambiato improvvisamente il suo destino, ma non per un caso perché questo lo ripete spesso: “non credo alle coincidenze, nulla avviene per caso e tutto ha una ragione. Ma credo alla fortuna”. E la coincidenza fu che proprio davanti al ristorante dei genitori fu costruito un campo da tennis che lui no sapeva neanche cosa fosse, ma da li cominciò ad interessarsene fino a conoscere la sua prima insegnante che si chiama proprio come la moglie, Jelena e che insegnava tennis su quel campo ma nel corso: “Non c’era posto per me – racconta il campione – e io da dietro il reticolato guardavo gli altri bambini giocare. Poi accesi la tv e c’era la finale di Wimbledon: Sampras batté Courier. Il mattino dopo Jelena si avvicinò e mi chiese: buongiorno piccolo ragazzo, sai cos’è il tennis? Io risposi: sì, ieri ho visto la finale di Wimbledon! E lei: vuoi provare?”. Parte così il racconto del tennista nato sulla neve praticamente. Nella stessa intervista infatti racconta di quando aveva pochi mesi e il padre lo portava a sciare.

Djokovic al Corriere: “A 10 anni incontrai un lupo e sentii una connessione”

Ci siamo guardati per dieci secondi, i più lunghi della mia vita poi lui se n’è andato. Provai una sensazione fortissima che non mi ha mai abbandonato: una connessione d’anima, di spirito.

Fino a quando successe un episodio che lo ha segnato. Un incontro con un lupo: “Non fu una coincidenza – ha detto Djokovic – avrò avuto dieci anni, e ho incontrato un lupo” La paura fu forte, ma scattò subito qualcosa di importante nella sua testa. “Ci siamo guardati per dieci secondi, i più lunghi della mia vita poi lui se n’è andato. Provai una sensazione fortissima che non mi ha mai abbandonato: una connessione d’anima, di spirito. Non ho mai creduto alle coincidenze, e pure quel lupo non lo era. Era previsto. Il lupo simboleggia il mio carattere. Sono molto legato alla mia famiglia, e cerco di essere disponibile con tutti, ma a volte devo stare da solo. Spesso nella vita mi sono ritrovato solo”. Come solo si è sentito negli ultimi anni per essere stato additato spesso per essere un no vax, giudicato e aspramente criticato per alcune scelte fatte. Anche abbandonato da diversi colleghi ma non solo. Oggi Djokovic tira fuori tutto, parla di delusione, di diritti e di scelte. “Io non sono no vax e non ho mai detto in vita mia di esserlo. Non sono neppure pro vax. Sono pro choice: difendo la libertà di scelta. È un diritto fondamentale dell’uomo la libertà di decidere che cose inoculare nel proprio corpo e cosa no”. Racconta di averlo spiegato più volte ma ogni volta: “Venivano eliminate le parole che non risultavano comode e così ho smesso di parlarne”. E poi torna a ricordare quei giorni in cui in Australia rimase chiuso in una stanza in attesa che venisse presa la decisione sulla sua partecipazione agli Australian Open. “Era una cella praticamente, sono rimasto meno di una settimana ma ho avuto l’occasione di conoscere dei ragazzi, dei profughi di guerra che erano li da tanto tempo. Almeno la mia storia è servita a gettare luce su di loro”. E in particolare su uno di loro che Djokovic si ripropone di incontrare presto perché ” di li a poco li hanno liberati tutti”.

“Io non sono no vax e non ho mai detto in vita mia di esserlo. Non sono neppure pro vax. Sono pro choice: difendo la libertà di scelta.

Djokovic al Corriere parla della guerra “In guerra non vince nessuno”

Prima di raccontare il suo recente passato, il campione di tennis ha anche parlato della sua famiglia e della sua vita vissuta durante la guerra (“Erano tutti contro di noi e io volevo dimostrare che esistono anche serbi buoni”). Quando erano tutti costretti a scappare e quando il padre rimase senza soldi e andò a chiedere un prestito agli strozzini per farlo giocare a tennis e fargli proseguire il suo sogno, giocava sotto i bombardamenti, le scuole erano chiuse e lui all’alba (“era l’unico momento in cui non bombardavano”), andava a giocare. E tutto quello che ha vissuto sulla sua pelle gli permette di analizzare con cognizione di causa quello che sta avvenendo in Ucraina condannando ogni tipo di guerra: “E’ una cosa più grande di noi, lascia vuoti nelle famiglie e impoverisce interi paesi, non posso sostenere nessuna guerra contro nessun paese. In guerra non vince nessuno”.

Djokovic e il suo rapporto con Nadal e Federer “Con loro impossibile essere amici”

E sulle sue amicizie sul campo, se ne sono dette tante dei rapporti tra lui e Nadal, tra lui e Federer. “Non siamo mai stati amici – dice riferendosi a campione svizzero – tra rivali non è possibile, ma non siamo mai stati nemici. Ho sempre avuto rispetto per Federer”. Mentre su Nadal ammette che all’inizio c’era stato un avvicinamento, un paio di cene insieme ma poi: “Anche con lui l’amicizia è impossibile. L’ho sempre stimato e ammirato moltissimo. Grazie a lui e a Federer sono cresciuto e sono diventato quello che sono. Questo ci unirà per sempre, perciò provo gratitudine nei loro confronti”.