È l’ennesima storia di ingiustizia, quella che arriva da Silvi, in provincia di Teramo, dove un bambino autistico sarebbe stato escluso dalla cerimonia della prima comunione dal parroco per aver “disturbato” le prove. A riportarlo è il Messaggero, a cui i genitori del bimbo si sono rivolti per denunciare l’accaduto, dopo essere stati costretti a cambiare chiesa per permettere a loro figlio di ricevere il sacramento. La paura del prete era che i comportamenti del ragazzino potessero inficiare sulle celebrazioni. Il suo caso ricorda molto quella della 12enne di Foggia con la sindrome di down esclusa dal saggio finale di un corso di danza.
Teramo, bambino autistico escluso dalla cerimonia della prima comunione
Il parroco, temendo che venisse rovinata la cerimonia, voleva che mio figlio facesse la Comunione da solo, nel retro della chiesa. Mi sono opposto e sono andato in un’altra parrocchia.
Inizia con queste parole il racconto di quanto accaduto negli scorsi giorni a Silvi, in provincia di Teramo, dove due genitori sono stati costretti a cambiare chiesa per permette a loro figlio, un bimbo di 10 anni e mezzo affetto da autismo, di ricevere il sacramento come i suoi coetanei. Tutto sarebbe iniziato nel corso di alcune prove organizzate dal prete della parrocchia in vista della cerimonia della scorsa domenica. A differenza degli altri ragazzini, C., “forse per stanchezza”, non sarebbe riuscito a stare fermo al suo posto. Per paura che i suoi comportamenti inficiassero sulle celebrazioni, che avrebbero coinvolto decine di bambini, il parroco avrebbe quindi deciso di proporre ai suoi genitori una cerimonia separata, da tenersi nel retro della chiesa.
Io avevo già avvertito il parroco, a metà ottobre, delle problematiche di mio figlio. ‘È autistico, sarà difficile fargli fare il catechismo’, dissi. Provammo, ma non ci fu verso. Il sacerdote mi rispose: ‘Non si preoccupi, Gesù sa’. Ma credo gli desse fastidio. Noi eravamo disposti a mandare anche l’insegnante di sostegno,
ha spiegato il padre del ragazzino. La situazione sarebbe peggiorata quando, sempre nel corso delle prove, il figlio avrebbe provocato la caduta di alcune candele, creando un po’ di scompiglio. Scompiglio che avrebbe provocato la dura reazione del sacerdote.
La celebrazione separata
A quel punto i genitori del bambino si sarebbero visti costretti a cambiare chiesa. Sarebbero stati accolti a braccia aperte da don Gaston Mugnoz Meritello, che ha poi raccontato:
Abbiamo preparato gli addobbi, i canti, il corteo. È stato molto emozionante, una grande festa. Ci siamo commossi nel vederlo entrare in chiesa vestito di bianco. È un bambino che dona un affetto immenso.
Resta, nonostante la buona riuscita della cerimonia, l’amarezza dei genitori, che avrebbero voluto dare al figlio la possibilità di condividere il momento con i suoi coetanei, che lo trattano con affetto e amicizia.
È stato felice anche così – hanno spiegato il padre e la madre -. Ma ciò che è successo resta grave. Proporci di far fare la Comunione al nostro bambino in modo separato, e non la domenica, è una discriminazione.
Un comportamento inaccettabile, messo in luce anche dal presidente dell’associazione Carrozzine Determinate, che ha sottolineato come “i parroci dovrebbero dare l’esempio e accogliere i bambini”, a prescindere dalle loro condizioni di salute. Purtroppo il caso del piccolo C. non è isolato. Risale a poche settimane fa quello della 12enne di Foggia esclusa dal saggio finale di un corso di danza perché “impacciata nei movimenti” in quanto affetta dalla sindrome di down. Situazioni surreali, che puniscono – senza senso – persone che ogni giorno sono costrette a fare i conti con colpe che non hanno. E che, soprattutto quando accadono in ambienti che dovrebbero avere a cuore i bambini, lasciano sgomenti.