La Riforma pensioni resta una missione impossibile, l’innalzamento dei requisiti cambiano i termini e le condizioni previste per l’uscita dal mondo del lavoro. Da quando alla Camera non sono stati approvati i correttivi per la misura Opzione donna, sembra che l’Esecutivo non sia in grado di passare oltre le regole della Fornero.
È, altresì vero, che la riforma pensioni è uno dei temi più caldi in molti Paesi. In Italia negli ultimi anni sono state discusse diverse proposte di legge e innumerevoli tentativi di riformare il sistema previdenziale. In questo articolo, esploreremo i principali problemi della riforma pensioni.
Riforma pensioni e uscita dal mondo del lavoro, quando e come?
La possibile proroga della misura Quota 103 crea scompiglio. Da una parte, i lavoratori vorrebbero ottenere una misura capace di garantire una maggiore flessibilità nel lavoro e nell’accesso alla pensione. Dall’altro, invece, alcuni esperti non vedono di buon occhio il differimento di questa misura, formata da troppi vincoli e pochi vantaggi.
Non è ammissibile utilizzare Quota 103, per allentare il colpo del ritorno delle condizioni previste nella Fornero. Ricordiamo, che la riforma “lacrime e sangue” ha aumentato l’età pensionabile e limitato l’accesso alle pensioni anticipate.
Fin ad ora, la Legge Fornero ha contribuito a rendere sostenibile il sistema pensionistico nel lungo termine. Vista sotto questo profilo, rappresenta una delle riforme pensioni più importanti dell’ultimo decennio.
Per questo, non stupisce più di tanto sapere, che secondo le anticipazioni promosse dal Ministero del Lavoro, la misura Quota 103 terminerà il 31 dicembre 2023. Dal prossimo anno andranno applicati i requisiti ordinari della Fornero.
Per cui, la pensione di vecchiaia prevede la possibilità di accedere alla pensione a 67 anni, a condizione che i lavoratori maturino almeno 20 anni di contributi.
In alternativa, le regole ordinarie prevedono la possibilità di accedere alla pensione anticipata a 41 o 42 anni e 10 mesi, senza condizioni sull’età anagrafica al momento del pensionamento.
Nessun rinvio sul nodo di Quota 103, non c’è la riforma pensioni
Quota 103 è la misura utilizza per indicare la possibilità di accedere alla pensione a 62 anziché 64 anni di età, con almeno 41 anziché 38 anni di contributi richiesti da Quota 102.
I sindacati e lavoratori non vorrebbero il rinnovo di Quota 103 al 2024. Infatti, secondo le stime ufficiali la misura è accessibile per una ristretta platea di 44.000 beneficiari, mentre in base ai numeri effettive gli aventi diritto sono all’incirca 20.000 lavoratori.
Tuttavia, nonostante le critiche, la verità è che la misura prevede diversi limiti, sia sui redditi da lavoro che sul valore dell’assegno. La pensione Quota 103 viene liquidata tenendo conto del trattamento minimo che prevede un assegno pensionistico pari a 5 volte il minimo vitale. In questo modo, possono accedere alla misura coloro che raggiungono un assegno mensile pari a circa 2.840 euro.
Importi più alti saranno riconosciuti al raggiungimento di 67 anni di età. D’altra parte, è importante sottolineare che la misura Quota 103 non è mai stata vista come una soluzione definitiva, ma piuttosto, come una misura temporanea per arrivare ai requisiti integrali della riforma Fornero.
Cosa cambia per andare in pensione nel 2024?
La maggior parte delle misure introdotte dopo la Fornero ha mirato alla stabilità del sistema pensionistico italiano. Tuttavia, nel corso del tempo queste formule previdenziali hanno incontrato la resistenza di molti lavoratori e sindacati, per cui è stata posta in rilievo la necessità di ritornare a un’uscita flessibile anticipata permettendo un maggior margine di scelta all’accesso alle pensioni.
Il vero problema, è che togliendo la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata ordinaria non restano grandi scelte previdenziali, se non si rientra nei profili di maggior tutela, come ad esempio Ape sociale, Opzione donna e Quota 41 precoci.
Oltretutto, uno dei principali problemi che affligge il sistema pensionistico riguarda l’invecchiamento della popolazione, a cui si aggiunge l’aumento dell’età media della popolazione.
Il tutto incastrato in un circuito pensionistico sempre più costoso, dovuto dalla maggiore durata aspettativa di vita, oltre che dall’aumento dei pensionati.
Non ha giovato la pandemia, l’inflazione, la crisi economica ed energetica, un innesco di situazioni che hanno ridotto le risorse a disposizione dello Stato, per cui manca un nuovo gettito finanziario indispensabile per sostenere il sistema pensionistico.
In un contesto non semplice si aggiunge una spesa pensionistica di oltre 231 miliardi registrati nel 2022, con previsioni che portano al 17% del Pil.