17 anni e otto mesi. È questa la condanna in via definitiva per Ciro Russo, l’uomo accusato di aver tentato di uccidere l’ex moglie Maria Antonietta Rositani dando fuoco alla sua auto dopo essere evaso dai domiciliari a Reggio Calabria. In Appello gli era stata inflitta una pena di 18 anni e otto mesi, ridotta in Cassazione dopo la cancellazione del reato di maltrattamenti. La vittima, viva per miracolo, ha dichiarato di non sentirsi al sicuro, nonostante la sentenza: non potrà mai dimenticare, dice, ciò che ha subìto.

Ciro Russo condannato in Cassazione: dovrà scontare 17 anni e otto mesi di carcere

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermando la sentenza di condanna di primo grado, aveva inflitto a Ciro Russo una pena di 18 anni e otto mesi di detenzione, riconoscendolo colpevole del reato di tentato omicidio per aver cercato di uccidere la moglie, seguendo un piano che i giudici avevano definito “pianificato”. Non un gesto d’impeto, ma un atto premeditato, quindi, per vendetta. Non accettando le decisioni della donna, che aveva messo fine alla loro relazione e aveva avviato un’azione legale volta alla separazione e all’affidamento del figlio minore, il 46enne aveva in sostanza deciso di toglierle la vita. In modo lucido e determinato.

Una tesi riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione, che ha ora condannato in via definitiva l’imputato a 17 anni e otto mesi, un anno in meno rispetto al secondo grado, dopo l’annullamento del reato di maltrattamenti, assorbito da quello di tentato omicidio.

Se dobbiamo parlare di giustizia quest’uomo e tutti gli uomini che si macchiano di un delitto così mostruoso non dovrebbero potersi avvalere di un rito abbreviato. Sono viva per miracolo ma tante donne come me non ce l’hanno fatta. Non posso essere tranquilla neanche dopo questa condanna. Quello che ho vissuto non dovrebbe viverlo nessuno e per questo mi batterò sempre contro la violenza sulle donne,

ha dichiarato l’ex moglie dell’uomo, vittima della vicenda, Maria Antonietta Rositani, costituitasi parte civile al processo insieme alle associazioni “Insieme a Marianna” e Udi e assistita dagli avvocati Alessandro Elia e Massimiliano Santiti.

La ricostruzione del delitto

I fatti risalgono al 13 marzo del 2019. Ciro Russo era evaso dai domiciliari che stava scontando a casa dei suoi genitori, ad Ercolano, per recarsi a Reggio Calabria, dove l’ex moglie si era trasferita con i due figli in seguito alla loro separazione. Qui, dopo aver rintracciato la donna, ne aveva provocato un incidente: dopo aver investito la sua auto, l’aveva cosparsa di benzina, dandole fuoco, al grido di “devi morire”. Maria Antonietta Rositani aveva riportato gravi ustioni sul 50% del corpo. Avrebbe potuto morire, se non avesse avuto la prontezza di gettarsi fuori dall’abitacolo, finendo in una pozzanghera.

Si era salvata, ma le lesioni riportate in seguito al tentato omicidio la constrinsero a mesi e mesi di ricovero – 20 circa – e decine di interventi chirurgici. Russo, intanto, si era dato alla fuga. Era stato tratto in arresto solo il giorno dopo i fatti, mentre cenava indisturbato in una pizzeria di Reggio Calabria, proprio nei pressi dell’ospedale. Il giudice per le indagini preliminari, Valerio Trovato, ne mise in luce fin da subito la “personalità delinquenziale”, sostenendo che avesse agito in modo premeditato e organizzato, con l’obiettivo di uccidere la donna per motivi passionali.

Ciro Russo ha sbagliato, è colpevole e ha tentato di uccidere mia figlia, la mamma dei suoi due figli. Ciro Russo deve purtroppo pagare. Dico purtroppo perché sono un papà che non avrebbe mai voluto che a sua figlia succedesse qualcosa del genere,

aveva dichiarato Carlo Rositani, padre della vittima. Nonostante la sentenza di condanna, difficilmente la donna potrà dimenticare quello che ha subìto.