Inverno demografico: poche parole, ma efficaci nel chiarire la reale difficoltà dell’Occidente di guardare al futuro dell’umanità. Anche definito baby bust. L’inarrestabile incapacità di mettere al mondo del figli è destinata a ridefinire le città, il sistema nell’inisieme. Non un fenomeno isolato, un Paese in crisi, ma il rischio che un’intera civiltà possa estinguersi esiste! I dati sono chiari e condivisi da tempo: per quale motivo l’Occidente non fa più figli? Ne abbiamo parlato con Tonia Bardellino, sociologa e criminologa, a Società Anno Zero, su Radio Cusano Campus.

Inverno demografico: le cause sociali e antropologiche

I due fattori principali, che incidono sul fenomeno, sono quello sociale e quello antropologico. Il secondo sottolinea l’assenza dei valori, l’individualismo diffuso, la paura di creare legami e progettare il futuro, mentre il primo indica l‘assenza di fondamenta economiche, validi sussidi, che contribuisce al fallimento di un Paese che si definisce “familistico” ma che di fatto non sembra aiutare le famiglie. La crescita dei figli rimane difatti affidata principalmente alla donna, che deve occuparsi spesso dei soggetti “deboli “del nucleo: i bambini, gli anziani. E’ una prospettiva quindi teorica non coadiuvata, nei fatti, da aiuti concreti – ha spiegato la sociologa – un’altra difficoltà oggettiva è quella di conciliare lavoro e vita privata con un limitato accesso dei giovani al mondo del lavoro a cui dovrebbe corrispondere tra l’altro un giusto corrispettivo economico“.

La società delle passioni tristi

Siamo protagonisti di una “società già definita da Spinoza delle passioni tristi. A fronte del misurarsi con le tante opportunità, col dover rincorre la perfezione, l’idealizzazione che delude le prospettive, corrisponde una reale mancanza di desiderio di fare figli per impossibilità o paura. In talune circostanze si percepisce una certa propensione al ritorno al passato, alla retropia, che è l’opposto dell’utopia. Si percepisce, non voglia di ideali nuovi, ancoraggi che vengono meno, ma voglia di tornare alla famiglia, al grembo materno, ad un passato idealizzato non perché era probabilmente più bello, ma ha peculiarità diverse dal presente. È lontano e può essere anche idealizzato – ha sottolineato la professoressa Bardellino – la mente “narra” racconti più piacevoli quando non è compensata nel qui e ora, quando vuole tornare indietro all’infanzia. C’è voglia di protezione, si percepisce nella quotidianità, nelle difficoltà e nella ricerca del lavoro quanto manca“.

Esasperazione psicofisica e impossibilità di raggiungere standard troppo alti

La smania di fare tutto nei bambini diventa esasperazione psicofisica che ben presto diventa causa di isolarsi, per problemi interni specchio di quelli esterni. La difficoltà di affrontare le ansie sociali, la continua corsa agli ostacoli, risponde alla necessità di vivere come in una gara quotidiana sociale e collettiva. Costruiamo così una realtà sociale falsa: l’estetica, l’ambizione, diventa normalizzazioni della fluidità dell’inconscio collettivo. Guai a non raggiungere quegli standard – si è congedata la professoressa Bardellino – così le nuove forme di relax, lo yoga, la meditazione, si diffondono per aumentare la tranquillità tra le persone. Le difficoltà economiche e politiche ci portano così a non raggiungere gli standard prefissati, la paura di fondo aumenta“.