Morì di leucemia a soli 17 anni per essersi rifiutata di sottoporsi alla chemioterapia, Eleonora Bottaro. Per la sua morte i genitori sono stati condannati in via definitiva: dovranno scontare due anni di carcere ciascuno. Stando alle motivazioni della Cassazione – che ha confermato le sentenze di primo grado e d’Appello – il reato riconosciuto loro è quello di omicidio colposo. In sostanza, secondo i giudici, la giovane sarebbe stata succube dei due e delle loro teorie anti-scientifiche, finendo per diffidare dei medici e delle loro cure, inclusa la chemio. Una scelta che l’avrebbe portata inevitabilmente alla morte. In caso contrario, avrebbe potuto salvarsi.

Eleonora Bottaro, genitori condannati in via definitiva per omicidio colposo

Eleonora frequentava l’istituto agrario di Bagnoli, in provincia di Padova, ed era ancora minorenne quando scoprì di essere stata colpita da una forma molto grave di leucemia. Era l’agosto del 2016 e, davanti al parere dei medici che l’avevano visitata – secondo cui, per salvarsi, avrebbe dovuto affrontare dei cicli di chemioterapia -, i genitori si erano opposti, rifiutando la medicina tradizionale e rivolgendosi a curatori alternativi. Si dicevano seguaci del metodo Hamer, dal nome dell’ex medico tedesco Ryke Geerd Hamer, che rinnega l’uso dei farmaci rinviando le malattie a problemi psicologici irrisolti del paziente.

Nel caso di Eleonora, secondo loro, un trauma insorto in seguito alla morte prematura del fratello Luca, colpito da un aneurisma all’età di 22 anni mentre era in vacanza, qualche anno prima. Convinzioni anti-scientifiche per le quali adesso la Corte di Cassazione – confermando le sentenze di primo grado e d’Appello – li ha condannati ad una pena di due anni di carcere ciascuno per omicidio colposo. Secondo i giudici, in sostanza, la giovane, morta proprio per essersi sottratta alla chemio, sarebbe stata succube dei genitori e delle loro teorie. La sua scelta, stando alle motivazioni depositate dopo il verdetto,

non fu una libera scelta che i suoi genitori ritennero di rispettare, ma un’opzione consapevolmente adottata dai genitori in prima persona, nonostante i medici li avessero informati dell’impossibilità, per la figlia, di guarire senza la chemio.

Messi di fronte ai fatti, avevano deciso di non ascoltare il parere medico, quindi, accompagnando la figlia in Svizzera e facendole somministrare preparati a base di cortisone e massicce dosi di vitamina C che in nessun modo avrebbero potuto guarirla. Una decisione da sempre motivata dai due con la volontà di voler rispettare l’autonomia della figlia. Nel presentare ricorso, avevano fatto riferimento ad una sentenza del 1998 in cui si era stabilito che, analogamente a loro, i genitori di una bimba di 9 anni avevano rifiutato la chemio perché ritenuta dalla piccola paziente “invasiva e debilitante”.

I giudici: “Diciassettene succube dei genitori”

La ragazza non aveva, in ragione dell’età, la percezione della reale possibilità di morire, essendo forte di un senso di immortalità e delle convinzioni dei propri genitori, i quali si erano sempre opposti alle cure che ideologicamente rifiutavano,

sostengono i giudici del terzo grado. Seppure la giovane avesse scelto autonomamente, cioè, l’avrebbe fatto perché si fidava dei suoi genitori, i quali, a loro volta, pensavano che la chemio non solo non fosse necessaria, ma anche “nociva”. Del resto, non si trattava di un caso isolato: più volte, nel corso degli anni, i due avevano rifiutato terapie considerate – senza nessun tipo di base scientifica – “inappropriate”, come quella antibiotica e antipiretica. In questo modo avrebbero convinto anche la figlia delle loro teorie, provocandone, indirettamente, la morte, a causa delle mancate cure. Cure che, se ci fossero state, all’80% avrebbero potuto risollevare la sua situazione, secondo quanto dissero all’epoca dei fatti i medici consultati.