Contratti di lavoro a termine: attraverso la deliberazione del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 (c.d. Decreto Lavoro 2023) e la successiva pubblicazione dello stesso all’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 103 del 4 maggio 2023 il governo ha adottato dei provvedimenti con carattere di urgenza per quanto riguarda le tematiche relative all’inclusione sociale e lavorativa.

Tali misure, in particolare, che sono entrate in vigore a partire dal 5 maggio 2023, riguardano tra le altre cose anche la disciplina relativa ai contratti di lavoro a termine.

La normativa vigente in materia è stata modificata dal nuovo Decreto Lavoro 2023 nelle modalità che andremo a vedere durante il corso del presente articolo.

Contratti di lavoro a termine: come funzionano e durata massima

Prima di iniziare a parlare di tutte le modifiche che sono state apportate alla disciplina relativa ai contratti di lavoro a termine, all’interno di questo breve paragrafo andremo a vedere in linea di massima quello che sono e qual è la durata che può essere prevista per questa tipologia di contratti di lavoro.

Nello specifico, il contratto di lavoro a tempo determinato prevede una subordinazione del lavoratore al datore di lavoro, per un periodo di tempo prestabilito.

A tal proposito, la durata predeterminata mediante l’apposizione di un termine al contratto di lavoro può essere prevista solamente nel caso in cui vengano rispettate determinate condizioni, dal momento che la tipologia di contratto di lavoro subordinato principale resta quella relativa al contratto a tempo indeterminato.

L’apposizione del termine al contratto di lavoro a tempo determinato risulta nulla e priva di ogni effetto nel caso in cui non venga predeterminata tramite l’apposizione all’interno di un atto scritto, a meno che il rapporto di lavoro non abbia una durata pari o inferiore a 12 giorni.

Per quanto riguarda la durata massima che può essere apposta ad un contratto di lavoro a tempo determinato, invece, la normativa vigente in materia fissa un termine pari a:

  • 12 mesi;
  • 24 mesi, ma solamente nel caso in cui sussista almeno una tra le seguenti condizioni:
    • una necessità temporanea e oggettiva;
    • una necessità di sostituzione di altri lavoratori;
    • una necessità relativa ad incrementi dell’attività ordinaria temporanei, significativi e non programmabili.

Tali termini massimi non possono essere oltrepassati nei contratti di lavoro a termine, a meno che non venga esplicitamente previsto all’interno dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali.

Ecco quali sono le modifiche che sono state apportate alla disciplina dal nuovo Decreto Lavoro 2023

Le esigenze che abbiamo citato durante il corso del precedente paragrafo e che consentono di estendere la durata massima di un contratto di lavoro a termine da 12 mesi fino a 24 mesi, sono state riviste dalle disposizioni che sono contenute all’interno dell’art. 24 del nuovo Decreto Lavoro 2023.

In particolare, le novità che hanno rivisto la disciplina hanno previsto che possa essere disposta una durata di 24 mesi al contratto di lavoro subordinato, non più nelle condizioni che abbiamo elencato in precedenza, ma nel caso in cui ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  • “a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
  • b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
  • b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.”

Oltre a questa modifica, il governo ha anche abrogato il comma 1.1 dell’art. 19 del decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 e ha aggiunto quanto segue al comma 5:

5-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, nonché ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96.”