Messina Denaro torna a fa parlare di sé dopo la pubblicazione di un interrogatorio fino a questo momento inedito. Il boss di Cosa Nostra ha affermato di aver lavorato in campagna come «un agricoltore apolide», dal momento che il Comune aveva cancellato il suo nome dalla residenza. Eppure, pur latitante e ormai escluso dalla cittadinanza, Messina Denaro si diceva economicamente tranquillo:
La residenza non ce l’ho più perché il Comune mi ha cancellato. Ormai sono un apolide. Le mie condizioni economiche? Non mi manca nulla. Avevo beni patrimoniali ma me li avete tolti tutti. Se ancora ho qualcosa non lo dico, mica sono stupido
Queste le parole che emergono dall’interrogatorio inedito del 21 febbraio, svolto da gip Alfredo Montalto e dal pm Gianluca De Leo un mese e 5 giorni dopo l’agognato arresto del boss latitante.
Messina Denaro, i fatti dell’interrogatorio
Le parole inedite del super capomafia Matteo Messina Denaro sono state raccolte durante un procedimento penale per estorsione aggravata. In particolare, il boss era accusato di minacce contro la figlia di un suo prestanome, Giuseppina Passanante, e di suo marito: l’obiettivo di Messina Denaro era quello di riappropriarsi di un terreno a loro intestato fittiziamente.
Il boss ha ovviamente negato in toto il suo coinvolgimento con l’accaduto. «Ho solo richiesto ciò che era mio», ha commentato. Il capomafia avrebbe ammesso solo di aver mandato una lettera a Passanante in cui si interessava dei territori un tempo suoi.
I soprannomi, la latitanza, le bugie
L’interrogatorio inedito a Messina Denaro risulta interessante non solo per i capi d’accusa che gli sono stati rivolti in quella sede, ma anche per capire meglio la personalità del super boss e come questi viveva la sua esistenza da latitante. Gli inquirenti si sono concentrati sulla ricostruzione delle sue giornate nascoste, interrogandolo soprattutto sui suoi soprannomi. Questa la risposta, sprezzante, occhi fissi e testa ben alta, che ha dato il capomafia:
Me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti, ma io nella mia famiglia non ho avuto soprannomi
In realtà, dalle indagini è già emerso che Matteo Messina Denaro fosse chiamo dai suoi U Siccu e Diabolik per garantire l’anonimato del boss nel corso di azioni di vita quotidiana. Il magistrato ha poi chiesto quale fosse la sua ultima residenza e quale il suo coinvolgimento con Cosa Nostra.
A Campobello risiedevo da latitante quindi di nascosto in segreto. L’ultima residenza che ho avuto da uomo libero è a Campobello
ha risposto il boss. Sul suo rapporto con Cosa Nostra, infine, Matteo Messina Denaro si è dimostrato irriverente e brusco, negando qualsiasi sua responsabilità e affermando di conoscere l’organizzazione mafiosa solo dai giornali. Così il boss prosegue nella sua impalcatura di omertà e bugie che gli permette di tenere nascosti i nomi degli altri boss e dei suoi gregari, che continua a dire di non conoscere.