Silvana Erzemberger, la donna imputata per l’omicidio di Luigi Casati a Treviglio, è stata assolta perché ritenuta totalmente incapace di intendere e di volere. Niente carcere, dunque, per lei: secondo i giudici dovrà trascorrere solo 5 anni in una Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza). Secondo quanto ricostruito nel corso del processo, soffrirebbe di un “disturbo delirante”. Per questo e non per una banale lite avrebbe aggredito i due coniugi.
Treviglio, omicidio Casati: assolta Silvana Erzemberger
Aveva fatto il giro del web, sconvolgendo tutti, il video che mostrava Silvana Erzemberger sparare al vicino di casa con una pistola. I fatti risalgono al 28 aprile dello scorso anno. A Treviglio, un piccolo comune in provincia di Bergamo, sono appena le 8 di mattina quando la donna, di 68 anni, esce di casa – con addosso una giacca color turchese – e, nel cortile adiacente al suo condominio, spara quattro colpi a Luigi Casati, uccidendolo. La moglie, Monica Leoni, sente gli spari, si affaccia e vede il corpo del marito riverso a terra. Scende a soccorrerlo, preoccupata, ma viene a sua volta colpita. È in gravi condizioni, eppure sopravvive.
Grazie alla segnalazione di altri condomini, viene infatti soccorsa e trasportata in eliambulanza presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII. Per il marito, invece, all’arrivo dei soccorsi non c’è più niente da fare. Silvana, intanto, si è allontanata dalla scena del crimine, rifugiandosi nel suo appartamento. È lì che i carabinieri la rintracciano qualche attimo dopo, arrestandola. I residenti sono sconvolti e, tra loro, inizia a farsi strada l’ipotesi che la donna possa aver compiuto l’estremo gesto al culmine dell’ennesima lite con i vicini. Fin da subito, infatti, emerge che tra le vittime e la carnecife c’erano stati degli screzi, spesso, sembra, riguardanti il continuo abbaiare del cane della coppia.
Nessuno, certo, si sarebbe immaginato che potesse arrivare a tanto. Anche se, secondo quanto emerso dalle testimonianze, già in precedenza Silvana aveva aggredito Leoni, con un bastoncino di legno, forse un ramo. Finita a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato e tentato omicidio, la 71enne è stata ora assolta perché ritenuta totalmente incapace di intendere e di volere. Nel corso del processo, sarebbe infatti emerso che è affetta da un “disturbo delirante”, un delirio cronico caratterizzato da convinzioni illusorie che, in chi le vive, possono provocare un distacco dalla realtà, finendo per farlo sentire vittima di cospirazioni.
L’imputata dovrà trascorrere 5 anni in una Rems
Era stata anche la figlia a mettere in luce i problemi della donna, chiedendo scusa alle vittime.
Mamma ha avuto un infarto, non è cosciente e non si rende conto di quello che è successo,
aveva detto, profondamente colpita dall’accaduto.
Sono stati tre i consulenti tecnici che hanno ora accertato l’incapacità di intendere e di volere della donna che, benché assolta, sarà chiamata a trascorrere 5 anni in una Rems, una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (quelle che, dopo l’abolizione degli istituti psichiatrici, ospitano gli autori di reati considerati pericolosi e affetti da disturbi mentali). Anche l’accusa aveva chiesto nei suoi confronti l’obbligo di permanenza all’interno di una struttura, ma per dieci anni e con l’aggravante dei futili motivi. Aggravante che, alla fine, è stata esclusa.
Il movente del delitto, a differenza di quanto ipotizzato in un primo momento, sarebbe da rinviare proprio a quel disturbo paranoide che da anni la affligge.
Ce l’aveva con loro e lo diceva a tutti, non si sa bene perché. Non litigavano, era solo lei che si inventava le cose, loro non le davano fastidio,
aveva raccontato una vicina a L’Eco di Bergamo nei giorni successivi al fatto. Stando agli ultimi sviluppi, potrebbe davvero essere andata così.