L’alcol contenuto nel vino e in tutte le sostanze alcoliche è cancerogeno. L’affermazione, di per sé, non è una novità: da anni la ricerca scientifica ha messo in luce la correlazione tra il consumo di bevande alcoliche e l’insorgenza di tumori. Non a caso l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (AIRC) ha inserito l’alcol nel gruppo 1 della classificazione delle sostanze oncogene data la presenza di “sufficienti evidenze di cancerogenicità negli esseri umani”. Per questo anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è posta l’obiettivo di sensibilizzare sul tema implementando un piano di azione globale.
Il tema è tornato alla ribalta dopo le parole dell’immunologa Antonella Viola che ha dichiarato come, data cancerogenicità dell’alcol, anche il consumo di due bicchieri di vino al giorno sia pericoloso. L’affermazione ha suscitato non poche polemiche, soprattutto da parte delle associazioni di produttori di vino che hanno parlato di terrorismo e disinformazione.
Alcol del vino cancerogeno, Cinieri (AIOM): “Il tema è il consumo consapevole e responsabile”
La redazione di TAG24 ha cercato di fare chiarezza sul tema della cancerogenicità del vino con Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM).
Presidente Cinieri, cosa pensa delle affermazioni fatte dall’immunologa Antonella Viola?
“Credo che le parole dell’immunologa Viola siano una pubblicità al libro. La professoressa inoltre ha rilasciato dichiarazioni forti anche rispetto al digiuno, di cui è dimostrata l’inefficacia”.
Al di là delle parole della Viola, noi sappiamo che da anni l’OMS e la IARC hanno classificato l’alcol come cancerogeno. Perché allora si creano polemiche su un fatto che la scienza ha chiarito da anni?
“Il consumo di vino nel nostro Paese è culturalmente e storicamente radicato. Il fatto che l’alcol – non il vino – sia un noto cancerogeno non è una novità. Il punto è il consumo consapevole. Se io bevo ogni giorno un bicchiere di vino a cena devo essere consapevole che sto ingerendo una sostanza potenzialmente cancerogena. Ma non si tratta di un rischio elevatissimo.
Anche vivere è cancerogeno: in ogni momento nel nostro corpo si sviluppano cellule di cancro che sono tenute sotto controllo dalle cellule immunitarie di difesa. Fumare una sigaretta non aumenta il rischio di sviluppare un tumore: fumare un pacchetto al giorno per dieci anni sì. Lo stesso vale per l’alcol”.
Potremmo dunque dire che il rischio zero è associato al non consumo di alcol ma che, allo stesso tempo, il rischio zero non esiste?
“Esatto. La vita media dei cittadini dei Paesi occidentali è aumentata. Automaticamente è aumentato il rischio di cancro perché i tumori sono anche – ma non solo – derivati da processi legati all’invecchiamento cellulare. Più si vive più aumenta il rischio di sviluppare un tumore. I cittadini delle economie dei Paesi che una volta si definivano in via di sviluppo, che hanno un età media molto più bassa della nostra, hanno infatti un’incidenza minore di cancro”.
L’Europa discute della proposta irlandese di apporre etichette sul vino con indicazioni sanitarie sui danni. Al di là dello scontro tutto politico, cosa ne pensa? Sarebbe una giusta strategia?
“L’indicazione sulla nocività delle sigarette non ha funzionato in modo sostanziale. Le immagini sui pacchetti hanno dato risultati migliori forse. Negli Stati Uniti su tutte le bottiglie di vino viene indicato come il prodotto sia dannoso. Se vogliamo introdurre queste etichette va bene, ma il vero problema è legato al consumo di superalcolici, specialmente nei giovani. I ragazzi bevono nei locali shot di alcol di scarsa qualità colorato con sostanze che non sappiamo cosa sono. Questo è un vero problema di salute pubblica: se io fossi un decisore politico agirei lì, non su una polemica tutta interna all’Europa avanzata da Paesi non produttori di vino”.
Moderna annuncia il vaccino contro il cancro: il Presidente Cinieri (AIOM) spiega questa scoperta
Proseguiamo nell’intervista al Presidente dell’AIOM, Saverio Cinieri, indagando la portata dell’annuncio di Moderna che ha dichiarato, entro il 2030, l’arrivo di vaccini a mRna contro il cancro.
Professor Cinieri, nel nostro Paese il cancro colpisce ancora molte persone.
“L’incidenza del cancro nei Paesi occidentali è in aumento e ci sarà, secondo l’OMS, un incremento da qui al 2040 in tutto il mondo. In Asia e in Africa i casi aumenteranno perché si faranno molte più diagnosi ma i tassi di mortalità rimarranno elevati. Nei Paesi occidentali, invece, l’aumento dei casi non sarà correlato all’aumento della mortalità. Il progresso della scienza e della medicina ha già cambiato molto il quadro della gestione dei pazienti oncologici. Noi oggi siamo in grado di guarire pazienti che presentano patologie che fino a pochi anni era impensabile curare. Riusciamo, soprattutto, a cronicizzare situazioni patologiche la guarigione era prima impossibile”.
Moderna ha annunciato che, entro il 2030, potrebbero arrivare i primi vaccini a mRna contro il cancro. Ci spiega questa scoperta?
“I vaccini a mRna fanno parte di una linea di ricerca e sviluppo nata proprio come terapia contro il cancro. La pandemia ha accelerato alcuni processi di ricerca e i vaccini a mRna sono stati usati contro il Covid. Conclusa la fase di emergenza della pandemia, la linea di ricerca e sviluppo delle compagnie farmaceutiche è ripartita dal suo scopo originale.
Ecco che poche settimane fa a Orlando, negli Usa, il congresso dell’American Association Cancer Research ha presentato i primi risultati di uno studio randomizzato su pazienti con melanoma asportato. Ad un gruppo di pazienti è stata somministrata l’immunoterapia, la terapia adiuvante che oggi è lo standard. Ad altri è stata somministrata l’immunoterapia insieme ai vaccini a mRna. Con una congrua osservazione nel tempo si è visto che il rischio di recidiva, ovvero di ripresa della malattia, è minore in chi ha ricevuto il vaccino. Si tratta della prima dimostrazione che i vaccini a mRna funzionano come strategia di trattamento dei tumori. La scienza va avanti a piccoli passi, e con questa scoperta è stato aggiunto un mattoncino importante”.
Dunque questo vaccino non previene il cancro, ma previene le recidive in pazienti che hanno subito un asportazione?
“Esatto. Il concetto è molto specifico: sul campione di tumore asportato al paziente X si costruisce un vaccino specifico per quel paziente che viene somministrato insieme all’immunoterapia. L’approccio diversificato alla malattia è fondamentale. Negli ultimi dieci anni è cambiato interamente il paradigma in oncologia. Se un oncologo preparatissimo ibernato dieci anni fa fosse risvegliato oggi non saprebbe curare il cancro. Il nostro Paese ha contribuito in modo importante a questo sforzo e i giovani oncologici sono preparati a conoscere le nuove tecniche di trattamento”.