Corea del Sud e Giappone tentano il disgelo. Sta accadendo in questi giorni quando il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, si è recato in Corea del Sud per incontrare il suo omologo Yoon Suk Yeol. Si tratta del secondo summit tra le parti in meno di due mesi. E se questa dettatura del timing sembra non dire nulla ecco un altro pezzo della storia: un incontro tra i due paesi non si verificava dal 2018 quando Shinzo Abe, Presidente del Giappone, si era recato in Corea in occasione dei giochi olimpici d’inverno ed aveva avuto modo di incontrare l’omologo Moon Jae-in. Ma al di là dello scandire del tempo c’è un contesto storico di base che ha sempre reso difficili, se non ostili, le relazioni tra le parti. L’origine dell’inimicizia sta nel periodo coloniale del Giappone che, tra il 1910 ed il 1945, ha annesso la Corea all’impero cercando di assorbirla completamente in termini culturali e identitari. Basti pensare che durante la Seconda guerra mondiale il Giappone portò, a casa usa, migliaia di coreani per obbligarli a lavorare nelle loro fabbriche. Un fatto storico che ha avuto anche ripercussioni recenti: una sentenza della Corte Suprema sud-coreana del 2018, riguardante gli indennizzi da parte di due aziende giapponesi a familiari delle vittime del lavoro forzato di quegli anni, non è stata riconosciuta dal Giappone. Questo ha inasprito un rapporto mai stato pacifico.

Corea del Sud-Giappone per riscrivere la storia

Parte proprio dalla remissione dei peccati giapponesi l’operazione di disgelo che i due paesi stanno mettendo in essere. Kishida, che a Seul ha incontrato Yoon Suk Yeol, ha detto: “Il mio cuore soffre per il fatto che molte persone hanno avuto un’esperienza estremamente dolorosa e triste nelle dure condizioni di quel tempo”. Una exscusatio che non cancella decenni di storia amara per il popolo sudcoreano ma che potrebbe essere bastevole per mettere una momentanea pietra sopra in nome di una esigenza più grande. Il presidente Sudcoreano, dal canto suo, si è posto sullo stesso mood di pacificazione: “non dovremmo pensare di non fare passi avanti per la nostra cooperazione futura perché le questioni storiche non sono completamente risolte”. Già nell’incontro del marzo scorso, i due Paesi avevano posto fine alla disputa commerciale innescata dalla vicenda degli indennizzi dei familiari delle vittime in fabbrica, e avevano dato l’assenso alla ripresa delle visite dei leader. Le parti, in buona sostanza, si sono dette felici di aprire un nuovo capitolo.

I motivi della pacificazione: la paura del Nord in primis

La ripresa delle relazioni bilaterali tra la Corea del Sud ed il Giappone è rilevante soprattutto alla luce delle sfide da affrontare congiuntamente. In primis c’è quella di arginare la Corea del Nord: la minaccia missilistica e nucleare nord-coreana è crescente. Poi c’è la sfida posta dalla Cina a livello regionale e che ha riflessi, economici e non solo, nello scacchiere mondiale con il coinvolgimento anche degli Stati Uniti. Il viaggio di due giorni a Seul di Kishida rientra, infine, anche nell’azione diplomatica del primo ministro giapponese, che la settimana prossima ospiterà a Hiroshima il vertice del G7, a cui è invitato lo stesso Yoon.

I rapporti con Pechino

Da attenzionare sono anche i rapporti con la Cina specie alla luce degli ultimi avvenimenti. Yoon Suk Yeol, alla vigilia della sua spedizione in America di qualche settimana fa, aveva paragonato apertamente la questione di Taiwan alla questione nucleare nord-coreana, adirando Pechino. Lo sappiamo bene: poche cose mettono sul chi va là la Cina come Taiwan. Chiamare in ballo l’isola formosa, che Pechino sogna di riannettere, è sempre un pericolo. Insomma: Corea del Sud e Giappone hanno più di un motivo, in questo momento storico, per tentare di andare d’accordo.