L’Iran ha giustiziato due uomini che sono stati condannati per “aver bruciato il Corano” e “aver insultato il Profeta dell’Islam”, afferma la magistratura del Paese.
In Iran sono stati giustiziati due uomini condannati per blasfemia
Si chiamano Yousef Mehrad e Sadrollah Fazeli-Zare e hanno gestito dozzine di account sui social media “dedicati all’ateismo e alla profanazione dei luoghi santi”. Mehrad si era dichiarato innocente e insisteva sul fatto che la sua condanna fosse ingiusta, affermava il suo avvocato. “Un atto crudele di un regime medievale”: così un gruppo per i diritti ha definito l’esecuzione dei due uomini.
Seppur sia vero che ci sia stata un’impennata delle esecuzioni nella Repubblica islamica a causa dei continui disordini antigovernativi, quelle per blasfemia rimangono esecuzioni rare.
L’agenzia di stampa Mizan ha detto che Yousef Mehrad e Sadrollah Fazeli-Zare sono stati impiccati lunedì mattina nella prigione di Arak, nell’Iran centrale.
Secondo l’agenzia di stampa iraniana per gli attivisti per i diritti umani (HRANA), i due uomini sono stati arrestati nel 2020 e accusati di gestire un canale Telegram chiamato “Critica della superstizione e della religione”, sono stati quindi tenuti in isolamento per i primi due mesi ed è stato negato loro l’accesso ad avere un avvocato. Nel 2021, il tribunale penale di Arak ha condannato Mehrad e Fazeli-Zare con l’accusa di blasfemia e li ha condannati a morte. Nello stesso anno, la Corte Suprema ha respinto i loro appelli e ha confermato le loro condanne a morte. Ma i tribunali iraniani sono ben lungi dall’essere ritenuti luoghi nei quali si svolgono processi equi e molto spesso utilizzano “false confessioni” ottenute sotto tortura come prova. Questo, molto probabilmente, è stato uno di quei casi: Mizan riferisce che entrambi gli uomini avevano “chiaramente confessato i loro crimini”.
Ha dichiarato Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore del gruppo norvegese Iran Diritti umani, che queste esecuzioni sono “un grave insulto alla libertà d’espressione”. “La mancanza di una forte reazione da parte della comunità internazionale dà il via libera alla Repubblica islamica e ai suoi alleati ideologici in tutto il mondo”.
Sabato è stato anche impiccato Habib Chaab, un cittadino svedese-iraniano accusato di essere il responsabile di un attacco mortale a una parata militare nel 2018. L’Unione Europea ha condannato l’esecuzione “con massima fermezza”.
L’Iran è il secondo Paese, dopo la Cina, a registrare il numero di esecuzioni più alto effettuate ogni anno e ha messo a morte più di 200 persone dall’inizio di quest’anno, secondo un conteggio di Iran Human Rights. C’è da notare come, secondo il gruppo per i diritti umani, le esecuzioni siano aumentate del 75% rispetto al 2022, dato che la pena capitale è stato un ideale stratagemma per “diffondere la paura” a seguito delle proteste antigovernative dilagate nel Paese successivamente alla morte in custodia di Mahsa Amini, la ventiduenne curda uccisa lo scorso settembre.