Contratto a chiamata e Naspi possono coesistere, ma c’è un tetto da rispettare per quanto riguarda il reddito annuo derivante dal rapporto di lavoro. Andiamo ad approfondire cosa dice la legge.
Contratto a chiamata e Naspi, le regole
Il contratto a chiamata è un tipo di contratto di lavoro in cui il dipendente viene chiamato a lavorare solo quando c’è effettivo bisogno dell’azienda, senza un orario di lavoro definito e con la possibilità di essere chiamato anche per brevi periodi di tempo. Inoltre, il lavoratore riceve una retribuzione proporzionale alle ore effettivamente lavorate. Questo tipo di contratto è molto utilizzato nelle attività stagionali o in quelle che richiedono una flessibilità operativa.
E’ possibile mantenere la Naspi se si lavora con un contratto a chiamata? Sì, ma ci sono alcune limitazioni.
La NASPI può continuare ad essere erogata anche in presenza di un contratto di tipo intermittente, per i giorni che non vengono effettivamente lavorati. A tal fine però bisogna rispondere a certi requisiti:
- Comunicare tempestivamente la tua assunzione all’Inps;
- Comunicare il reddito presunto annuo che otterresti con il Contratto;
Si tratta di indicare il reddito presunto, in quanto il contratto a chiamata non permette di conoscere la cifra esatta che si andrà a guadagnare.
In base al reddito dichiarato, l’INPS ricalcola l’indennità di disoccupazione.
Come detto però, vi è un limite: per non perdere l’indennità di disoccupazione, il reddito derivante dal lavoro contratto a chiamata non deve superare gli 8.000 € lordi annui, altrimenti il diritto a percepire la NASpI decade.