Riflessioni penetranti e amare da parte del governatore del Veneto Luca Zaia in merito all’epidemia di Covid-19 che è stata sconfitta, ma la sua scomoda eredità è ancora tutta da gestire. Nelle sue parole c’è il riferimento alle polemiche continue sull’attribuzione delle colpe, alla criminalizzazione dei sanitari (categoria che ha vissuto i due anni di pandemia con uno stress incredibile), e alle discussioni interminabili sul vaccino. Ma dai due anni passati ad affrontare il virus dovremmo imparare: sarà un modello per affrontare le inevitabili sfide del futuro. E solo imparando usciremo finalmente dal post-Covid.
Secondo il presidente del Veneto, la priorità assoluta è ritrovare la pacificazione sociale: il Covid ha creato troppe lacerazioni e dibattiti. Tra no-vax e pro-vax, no-mask e pro-mask, coloro che ritenevano bisognasse fare di più e colore che pensano che si sia fatto troppo. Secondo Zaia, bisogna ricordare che il Covid-19 è stata una emergenza di proporzioni mondiali, di fronte alla quale non ci sono “soluzioni politiche”. Ecco la sua analisi raccontata in un’intervista al Corriere della Sera:
I toni aggressivi non accennano ad abbassarsi. Si continua a far credere che i morti siano morti per l’incapacità di qualcuno, magari dei decisori politici e che c’era chi aveva capito tutto, ma non è stato ascoltato. Mi viene in mente quel video su internet: il centro di Tokyo, Sidney, New York e altre Capitali. Tutte le città del mondo deserte. E 20 milioni di morti. Mi colpisce che di questo non si voglia prendere atto. Mi colpisce questa rimozione.
Covid, l’intervista a Luca Zaia tra “caccia alle streghe” e Long Covid
In particolare, si è creato nei confronti di coloro che erano al governo durante alla pandemia un certo senso di “caccia alle streghe”. Si cercano a tutti costi colpevoli e responsabili. Certamente, sarà necessario indagare ancora sulle conseguenze a lungo termine del Covid (il cosiddetto “Long Covid“) e sugli effetti collaterali del vaccino, ma non passando esclusivamente tramite condanne e tribunali.
Io credo che la storia del Covid debba essere la più trasparente possibile. E rispettosa nei confronti di tutti: operatori, ammalati, familiari degli scomparsi. Di più: sono convinto che sia indispensabile un approfondimento sia sul cosiddetto “long Covid” che su eventuali reazioni avverse ai vaccini. Per contro, non è che se una persona muore d’infarto la colpa è d’ufficio del vaccino. Non possiamo nemmeno pensare che tutto questo passi dai tribunali. Il tribunale deve perseguire i reati, certo. Ma non giudicare sulle scelte degli amministratori.
L’eccezionalità del quadro sanitario ha infatti gettato i politici in una situazione mai vista prima, di fronte alla quale non è stato facile trovare risposte “giuste”.
Noi ci siamo trovati a mani nude, con indicazioni contrastanti, in una situazione senza riferimenti. Non avevamo le istruzioni per l’uso. Basti pensare — ma lo dimentichiamo — che si diceva che la mascherina non serviva a nulla. Io sono stato contestato perché avevo disposto 3.500 tamponi a Vo’ Euganeo, quando non erano previsti tamponi per gli asintomatici. Peccato che abbiamo trovato un’ottantina di positivi. Ma io non so se tutto questo ci ha insegnato qualcosa.
La lezione da imparare secondo Zaia
Cosa possiamo imparare, invece? Secondo Zaia, qualcosa abbiamo già imparato: ad esempio, a indossare la mascherina nei luoghi della sanità: infatti, Covid o non Covid, anche un raffreddore può essere mortale per un soggetto fragile. Proprio la rinnovata considerazione per i più deboli dal punto di vista della salute rappresenta uno degli insegnamenti positivi del virus. Insegnamenti che non dovremmo mai dimenticare:
Eppure, c’è gente che ha da ridire anche su questo. C’è chi dice che ricorda il Covid. Io dico che il Covid non ce lo dobbiamo dimenticare mai. I dubbiosi vadano a rivedersi quando nella civilissima New York si scavavano le fosse comuni
E ci conviene non dimenticare il Covid: è solo un preambolo delle sfide del futuro. “Le sfide saranno rappresentate da nuovi virus, infezioni ospedaliere, resistenza agli antibiotici. Abbiamo due opzioni: nascondere la testa sotto la sabbia o guardare in faccia alla realtà. Ora, non abbiamo più alibi“. Con questa fosca profezia, Zaia chiude il suo intervento.