Più pensioni che lavoratori, succede in oltre un terzo delle province italiane con impatti di rischio sulla sostenibilità dei conti pubblici e dell’Inps. La media è di 111 contribuenti attivi nel mondo del lavoro ogni 100 pensionati: è un margine che comunque non rassicura l’andamento della spesa previdenziale italiana, soprattutto se si escludessero dalle statistiche i liberi professionisti che versano i contributi alle Casse previdenziali private e che farebbero scendere la media a 103. Il numero di lavoratori più basso lo si riscontra in alcune province della Calabria, ma sono i numeri di quasi tutto il Sud Italia a essere in deficit nel rapporto tra pensioni e stipendi. Sullo sfondo anche i bassi numeri della natalità che non fanno pensare a un ribaltamento delle prospettive demografiche sulle pensioni.
Pensioni più dei lavoratori attivi, ecco dove: situazione preoccupante nelle province del Sud Italia con rischio tenuta conti Inps
Più trattamenti di pensioni che contribuenti attivi nel mercato del lavoro: è la fotografia scattata dall’Inps nel rapporto tra soggetti che sorreggono i conti della previdenza italiana e chi usufruisce dei trattamenti di pensione. I numeri più bassi del rapporto si riscontrano nelle regioni e nelle province del Sud Italia dove l’82 per cento delle province è sotto la “quota 100” nel rapporto tra buste paga e pensionati. In totale, 39 province su 107 sono al di sotto del rapporto uno a uno, cioè di un lavoratore ogni pensionato che, comunque, non trasmetterebbe sicurezza sui conti pubblici.
Numeri che destano una certa preoccupazione per i conti pubblici e per una popolazione, quella italiana, in rapido invecchiamento. L’alto numero delle pensioni rispetto a chi sostiene tutto il sistema previdenziale (i lavoratori attivi) è la prima spia di questo andamento e della sequenza al ribasso della natalità. Ma anche della mobilità della popolazione: si spopolano di giovani le province che offrono meno lavoro, si popolano quelle dove c’è più occupazione. Per questo tengono le grandi città del Centro e, soprattutto del Nord Italia, insieme a numerose province di media a piccola dimensione che fanno meglio di Roma, Milano, Torino e Genova.
Dove ci sono più pensioni che stipendi?
Le situazioni minime si riscontrano in tre province della Calabria: a Reggio Calabria e Catanzaro sono 67 i contribuenti attivi sul lavoro ogni 100 pensionati, mentre a Crotone (e a Messina, nella vicina Sicilia) si arriva a 72 e a Vibo Valentia a 76. Qualche gradino più in alto si ritrova Cosenza, con 78 attivi ogni 100 pensionati (insieme a Lecce e Caltanissetta), più in basso di Oristano (79), L’Aquila (provincia del Centro Italia con il più basso indice) a 80, Taranto e Terni con 81.
L’andamento denota una corsa alle pensioni, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. Le prime province del Sud che superano la soglia di un lavoratore ogni pensionato sono quelle di Brindisi e Bari, dove per ogni 100 trattamenti di pensione si contano, rispettivamente, 101 e 102 lavoratori attivi, prima delle città che fanno meglio (Caserta con 104 e Matera con 105). In perfetta media italiana (111 lavoratori) si ritrovano le province di Barletta Andria Trani e e Pescara, più di Torino, tra le grandi città (110). Tengono ampiamente il passo Roma (131 lavoratori ogni 100 pensionati) e Milano (insieme a Parma e Padova con 133), mentre Genova supera di poco la soglia di 100 (102), Napoli è sotto il rapporto uno a uno (96) e, ancor di più, Palermo che ha 84 lavoratori ogni 100 pensioni.
Tra le città che hanno un margine ancora ampio nel rapporto tra lavoratori attivi e pensionati, si segnalano Lodi e Aosta (con 134), Brescia (135), Verona (137) e, soprattutto, Monza e Brianza (146), la Provincia autonoma di Trento (147), Prato (148) e la Provincia autonoma di Bolzano (162).