Giornata di tensioni in casa Pd. Con l’area riformista in subbuglio. Due i casi. Il primo, la proposta di cambiare il nome al gruppo in Europa avanzata dalla socialista spagnola e presidente del gruppo Iratxe García Pérez: via ‘Socialisti e democratici’ per tornare alla vecchia denominazione Pse. L’indiscrezione dava Elly Schlein favorevole all’operazione. Apriti cielo. Un fiume di polemiche arginato solo dalla smentita del Nazareno: “Le indiscrezioni giornalistiche sul presunto sostegno di Elly Schlein a questa ipotesi sono del tutto destituite di fondamento”.
Il secondo riguarda invece un atto parlamentare: un odg al dl Migranti presentato da Sinistra e Verdi che mette sotto accusa, in una premessa dai toni piuttosto duri, gli accordi con la Libia che vennero siglati dall’allora premier Paolo Gentiloni. La capogruppo Chiara Braga, fatto un sondaggio tra i deputati, ha chiesto il voto per parti separate: sì al dispositivo dell’odg, astensione sulla premessa. “In modo da accogliere le richieste di tutti”, si spiega. Ma alcuni deputati si sono comunque smarcati. “Nessuna spaccatura. Non ho votato un odg che aveva premesse irricevibili”, spiega sui social Enzo Amendola che non ha votato insieme a Lia Quartapelle e Marianna Madia. Queste ultime, tra l’altro, sono le animatrici dei ‘Seminari sul futuro’, incontri in chiave di proposta riformista. Di quello sulla sanità ne scrive Madia su twitter e un attento Carlo Calenda lo rilancia.
Area riformista in subbuglio
Distinguo che danno la misura della dialettica in casa dem. Perché se sul cambio di nome al gruppo in Ue insorgono i riformisti, l’indiscrezione è stata commentata del tutto diversamente dalla sinistra dem. Twitta Andrea Orlando: “La denominazione socialisti e democratici fu concepita quando il Pd, pur non aderendo a Pse, intendeva far parte del gruppo parlamentare a Strasburgo. Successivamente il Pd ha aderito al Pse. Oggi, quindi, il gruppo si può tornare a chiamare socialista. Dove è il problema?”.