Una truffa da 500mila euro sul Superbonus 110% per lavori di ristrutturazione nel Cilento è quella ipotizzata dalla procura di Vallo della Lucania che ha portato al sequestro preventivo da conti correnti e crediti d’imposta di una società romana.
Superbonus 110%, truffa nel Cilento ad opera di una società romana per falsi lavori di ristrutturazione
Lavori di ristrutturazione certificati e mai eseguiti: è a partire da questi riscontri, ottenuti grazie a un’indagine partita dalla procura di Vallo della Lucania e denominata ‘Borghi Antichi’, che la Guardia di Finanza di Salerno ha potuto eseguire un decreto di sequestro preventivo verso un’azienda romana.
L’indagine ruota attorno alle sollecitazioni che la società, in veste di general contractor, avrebbe fatto pervenire a una serie di proprietari di immobili che avevano in programma interventi di ristrutturazione attraverso il Superbonus 110%. Tra il general contractor e i clienti, tutti residenti in comuni del Cilento, sono stati stipulati dei contratti di appalto dei lavori che prevedevano la cessione del credito di imposta. Lavori che, però, non sono mai partiti, portando al sequestro.
Le indagini e il sequestro del denaro ottenuto illecitamente
Il caso non è isolato, dal momento che anche a Monza era stato smascherato un tentativo di truffa analogo, per un totale di 48 milioni di euro sequestrati.
In questo caso, ad attirare l’attenzione di procura e Guardia di Finanza sono state le Comunicazioni di inizio lavori (Cilas) con le quali la società romana certificava di aver effettuato interventi di ristrutturazione pari al 30% del totale. Tuttavia, a seguito delle ispezioni svolte nei 13 stabili interessati, è stato accertato che quei lavori non avevano mai avuto luogo.
Subito i finanzieri hanno provveduto a tracciare i crediti concessi dai proprietari alla general contractor, che li aveva monetizzati cedendoli a diverse banche. Da qui, la decisione presa dalla procura di procedere con il sequestro preventivo di urgenza dei beni ottenuti dal reato. 100mila euro sono stati sequestrati direttamente dai conti correnti degli indagati, mentre i restanti 400mila sono stati ottenuti dai crediti d’imposta.