In Sudan, la tregua di 7 giorni nella guerra civile che infesta il Paese da più di un anno dovrebbe cominciare oggi. Il condizionale è purtroppo d’obbligo visti i diversi cessate il fuoco precedenti, poi falliti. L’ultimo risale a tre giorni fa. Le due principali forze in campo sembrano per ora decise a rispettare la tregua: non si registrano spari né dalla parte del generale Abdel Fattah Al-Burhan, né tra le Forze di supporto rapido del generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti. Sul fronte militare si segnala anche che 468 paramilitari, di cui 7 ufficiali, hanno disertato dalla RSF e si sono uniti alla 55/a brigata di fanteria Kadugli.
La tregua arriva in un momento di forte crisi per la popolazione sudanese: mesi di guerra civile hanno costretto migliaia di persone alla povertà più assoluta, spesso mancano acqua e cibo e l’economia del Paese sta precipitando.
Sudan, la tregua di 7 giorni dà respiro alla popolazione
Il sottosegretario generale dell’ONU per gli Affari Umanitari, Martin Griffith, è atterrato ieri in Sudan. Il fine della sua presenza nel Paese martoriato dalla guerra era quello di discutere proprio a proposito delle condizioni dei civili, vittime innocenti delle azioni militari dei due eserciti.
Arrivato a Port Sudan per riaffermare l’impegno Onu a favore del popolo sudanese
si legge nell’account Twitter di Martin Griffith. Il funzionario delle Nazioni Unite era precedentemente atterrato anche in Kenya, dove aveva intavolato una discussione con il presidente William Ruto sulla necessità di un piano che impedisca il degenerare ulteriore della situazione e aveva rimarcato l’impegno dell’ONU nel tenere al sicuro le vite dei civili.
Gli ultimi attacchi che hanno coinvolto la città di Khartoum sono stati particolarmente distruttivi per la popolazione. Nella giornata di ieri alcuni aerei hanno infatti colpito alcuni ospedali. La capitale si è inoltre dovuta piegare al recente attacco alla zona East Nile, a nord del centro abitato, che ha strappato la vita a tre venditori di tè e un bambino. L’Unchr ha lanciato l’allarme per gli oltre 800.000 rifugiati che potrebbero presto partire dal Paese.
Il fallimento dell’ultimo tentativo di Tregua
L’ultimo tentativo di tregua tra le parti in lotta risale a lunedì, quando si era tentato di instaurare un cessate il fuoco di 72 ore. Tutto fallito a causa dei numerosi attacco agli ospedali di Khartoum, in un’accusa reciproca tra le parti di essere venute meno al patto di tregua. Il presidente del Sud Sudan Salva Kiir è tornato recentemente a parlare della necessità di una pausa dai combattimenti abbastanza lunga da consentire a ciascuna parte di eleggere i suoi rappresentati per futuri colloqui di pace.
Solo così, attraverso trattative coordinate che mirino alla cessazione del conflitto, sarà possibile raggiungere l’agognata stabilità in Sudan. Nel frattempo però il Paese freme sotto la morsa della guerriglia: sono oltre 500 i morti e 4600 i feriti causati dagli scontri a partire dall’inizio delle ostilità.