Il Movimento 5 Stelle continua a perdere terreno nei sondaggi, dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria del Pd. Secondo Francesco Berti, grillino della prima ora, poi fuoriuscito dal M5S, Giuseppe Conte ha commesso un errore cercando di posizionarsi troppo a sinistra. Berti ha affrontato questo ed altri temi legati all’attualità politica, in un’intervista a Tag24.
Il M5S di Conte
La leadership di Conte nel M5S è realmente tanto stabile e duratura?
“Sì, Conte è ormai il leader incontrastato del Movimento, che non può essere al momento scalato dalla Raggi o da Di Battista. Conte ha usato sagacemente il doppio mandato come una mannaia per squalificare tutta la classe dirigente formatasi nella prima legislatura del Movimento (2013-2018). Da democristiano di razza, ha imprudentemente posizionato il M5S a sinistra del PD, salvo poi vedersi scavalcare dalla Schlein anche su temi “pop” come età e genere. Il M5S se vuole avere un senso nello scacchiere politico di oggi dovrebbe riscoprire i temi della democrazia diretta, dell’onestà intesa come buone pratiche amministrative (purtroppo, però, il M5S arranca sui territori), dell’equità intergenerazionale (ovvero tagli delle pensioni) e del taglio agli sprechi veri della macchina amministrativa (abbiamo il 50% del PIL in spesa pubblica), senza cadere in facili slogan pro spesa pubblica, che al momento mi pare essere la loro unica proposta”.
Il governo Meloni
Come giudica, sin qui, l’operato del Governo Meloni?
“Il Governo Meloni è un governo di destra, afferente ad una cultura che è stata minoritaria se non reietta dalla proclamazione della Repubblica fino alla Svolta di Fiuggi, fatta da Fini. E’ da notare che però FdI nacque anche in pieno contrasto con le politiche più centriste di Fini, quindi serba dentro di sé un triste nostalgismo. Nonostante questo punto di partenza, con i relativi pregiudizi annessi, il partito della Meloni ha superato le aspettative, certificate anche dalle mancate turbolenze sui mercati finanziari riportate dal Financial Times recentemente. A livello interno, la Meloni parla ai suoi pur non disdegnando un dialogo con il mondo che un tempo era esclusivo della sinistra (intervento sul costo del lavoro e invito alla CGIL). A livello internazionale, la Meloni è Presidente del Partito dei Conservatori europei, che mira a formare una maggioranza di destra con il PPE. La Meloni è tutt’altro che isolata, ma deve avere un rapporto più stretto con Francia e Germania, anche se franco nell’esprimere il nostro interesse nazionale”.
La convincono le misure in materia economica?
“E’ ancora presto per dirlo. Si è dato ampio spazio a politiche identitarie, alcune legittime, come sui rave e sulle partite iva; altre meno, come sui balneari e sui tassisti. Questo Governo si fa opposizione da solo quando i Ministri si lanciano in dichiarazione improvvide, quando potrebbe affrontare i problemi profondi del paese: gestione ordinata dei flussi migratori e natalità in picchiata. Sul tema migranti, c’è stata una importante proposta del Ministro Lollobrigida sul tema dei flussi regolari, che significa cambiare la Bossi Fini. Sul tema della natalità, purtroppo non ho ancora capito dove il Governo vuole andare a parare. Questo è il vero tema centrale per proiettare l’Italia nel futuro: con 1,27 figli a donna, immigrati compresi, siamo destinati a perdere 10 milioni di abitanti nel 2070. Pensare di sostituire queste mancate nascite con l’immigrazione provocherebbe degli squilibri sociali e culturali non immaginabili. Dunque, mi aspettavo delle misure più shock. Tutto il PNRR, che questo Governo dice di non voler usare, dovrebbe essere incentrato su misure che facilitino la natalità”.
Ha la percezione che il governo attuale possa giungere fino a fine legislatura?
“Difficile da prevedere, ma per ora il Governo è stabile. Né FI né la Lega possono al momento competere seriamente la leadership della Meloni. Il centrodestra ha la qualità di fare quadrato attorno al leader che ha più voti nella coalizione e di non far trapelare più di tanto i malesseri di coalizione. Certo, lo scivolone sul DEF è imbarazzante, con il taglio dei parlamentari la singola assenza pesa matematicamente di più, ma non c’è stato un segnale politico rivendicato dai partner di minoranza (FI e Lega). Poi, governando 15 regioni insieme, hanno interesse a mantenere il potere a livello centrale. Con le opposizioni divise in 2 grandi partiti più i cespuglietti, è anche difficile che si sentano messi in un’angolo da un’alternativa di Governo”