Sono passati ormai 74 anni dal fatale incidente aereo che spezzò la vita a 31 persone, passando alla storia con il nome di “tragedia di Superga”. Era il 4 maggio 1949, e, dopo aver raggiunto il luogo della strage, un giovane Dino Buzzati, inviato del Corriere della Sera, raccontava con questi toni la catastrofe del Grande Torino:

Dove giocherà domenica l’intrepido Torino, in sede o in trasferta? Per quattro volte il sole sarà sceso dietro l’orizzonte e poi riapparso, quattro pagine si saranno sfogliate nel libro della vita e del Torino non ci sarà più nulla. Niente di niente. Solo il ricordo, crudele storia che tra molti anni diventerà leggenda. Oltre i diciotto campioni, i dirigenti, gli accompagnatori, una grande personalità fatta di loro, la squadra color granata, è stata uccisa. Mai era successa una disgrazia simile in casa nostra. E gli animi semplici ne sono rimasti offesi come da una sopraffazione. Perciò i bambini oggi hanno pianto di nascosto e innumerevoli persone grandi sono tristi.

Tragedia di Superga ricostruzione: cosa è successo il 4 maggio 1949

4 maggio 1949. Erano le 9.40 di un banale mercoledì quando i giocatori del Torino, di ritorno da una trasferta a Lisbona, salirono su un aereo diretto a Barcellona. Vi atterrarono alle 13.00. Dal territorio spagnolo alle 14.50 presero un secondo volo, quello che avrebbe dovuto riportarli a casa. Ma, all’altezza di Savona, quando mancavano ormai una trentina di minuti all’atterraggio, la stazione radio più vicina li informò che il tempo su Torino era pessimo e avrebbe potuto ostacolare il loro rientro.

La visibilità, in effetti, si fece scarsa, le piogge aumentarono, insieme alle nubi: di lì a poco, alle 17.03, l’aereo, invece di atterrare, si sarebbe schiantato contro un muraglione adiacente alla basilica di Superga, su una collina nel Torinese. Secondo successive ricostruzioni, fu proprio il maltempo a causare l’incidente, insieme, forse, a un guasto dell’altimetro, che avrebbe continuato a segnalare al comandante i 2.000 metri quando l’aereo si trovava ormai a quota 600.

In quanti morirono a Superga

Nessuna delle persone a bordo si salvò dall’incidente. In totale, furono in 31 a perdere la vita: i 18 giocatori del Torino, due allenatori, un massaggiatore e tre dirigenti, tre giornalisti che avevano seguito la squadra e 4 membri dell’equipaggio. Ai funerali, che si svolsero il 6 maggio in Piemonte, parteciparono migliaia di persone: la tragedia aveva sconvolto tutti, grandi e piccini, e il Torino fu proclamato campione d’Italia in quanto, fino alla strage, era stato capolista, guadagnandosi l’epiteto di “Grande”.

Chi si è salvato dalla tragedia di Superga

Se in 31 perirono, solo in due riuscirono a salvarsi dalla tragedia, perché non salirono mai sull’aereo che sarebbe precipitato. Si tratta dei due calciatori Sauro Tomà e Renato Gandolfi: il primo perché infortunato, scampato alla strage e poi scomparso nel 2018, all’età di 92 anni; il secondo perché esonerato in favore del terzo portiere. Una decisione che aveva vissuto come un’ingiustizia e che, invece, gli salvò la vita.

Le dichiarazioni di Cairo e Gravina in occasione del 74esimo anniversario

A Torino, come ogni anno, sono stati molti gli eventi organizzati in occasione dell’anniversario della tragedia. Nel corso della cerimonia in programma dalle 10.30 presso il Cimitero Monumentale del capoluogo piemontese, dove si trovano le lapidi in ricordo delle vittime – a cui hanno preso parte, oltre alle famiglie, anche il circolo soci Torino FC 1906 e le autorità locali – il presidente del Toro, Urbano Cairo, ha voluto ricordare a modo suo la strage che coinvolse la squadra.

Siamo qui non per fare paragoni, ma per ricordare intanto degli uomini che sono mancati in età molto giovane e uomini che hanno fatto la storia del calcio – ha detto -. Li hanno definiti Invincibili per questo motivo […]. L’esempio che loro hanno dato deve rimanere negli occhi e nelle menti di tutti ed essere la guida.

Gli ha fatto eco il presidente della FIGC, Gabriele Gravina.

Solo il Grande Torino ha superato il confine tra mito e leggenda, diventando patrimonio comune dell’Italia calcistica e della storia civile del nostro Paese. Il messaggio di bellezza e di unione rappresenta l’eredità più bella di una squadra senza tempo,

ha dichiarato, rendendo loro omaggio.