In principio fu uno scontro in quello che è già passato alla storia come un non memorabile primo maggio per il nostro Paese: non tanto il dl lavoro su cui il governo ha – di fatto – rotto i rapporti con i sindacati, quanto per il botta e risposta fra intellettuali e politici. In particolare fra il ministro della Difesa Guido Crosetto e il fisico teorico Carlo Rovelli. Il palco, quello di piazza San Giovanni: “Stiamo andando verso una guerra che cresce e, invece, di cercare soluzioni i Paesi si sfidano, invadono, soffiano sul fuoco della guerra”, puntando poi il dito, senza menzionarlo, contro lo stesso ministro della Difesa, che – prosegue Rovelli – deve servire per difenderci dalla guerra, non per fare i piazzisti di strumenti di morte”.
Riflessioni dal palco
Si riapre così l’annosa questione delle tensioni intellettuali contro il governo. Una situazione in cui gli stessi – più o meno noti e più o meno colti – si issano a paladini delle comuni coscienze armati di un microfono. Interventi brevi e che vivono soprattutto delle polemiche e delle risposte che suscitano.
Guido Crosetto, tirato in ballo sul palco del primo maggio, ha scritto sui social di voler invitare a pranzo Carlo Rovelli “così la prossima volta che parlerà di me – twitta Crosetto – lo farà sapendo cosa ho fatto e faccio ogni giorno per cercare la pace”. Invito respinto.
Il tramonto degli intellettuali?
Intellettuali che erano stati messi anche da parte di quella sinistra solitamente più attenta alle riflessioni e che pochi mesi fa hanno scritto anche alla segretaria del PD Elly Schlein dicendosi pronti a dare una mano o quelli che hanno inviato una lettera-appello al ministro della Giustizia Carlo Nordio per chiedere la fine del 41 bis per Alfredo Cospito. Il motivo è riassunto da un articolo di Francesco Giubilei apparso su Il Giornale:
“Se economisti e giuristi hanno una visibilità che ancora li rende appetibili alla politica, oggi lo stesso non si può dire per storici, filosofi, letterati poiché, tramontata la stagione dell’intellettuale organico di matrice gramsciana, negli ultimi anni si è dissolto l’intreccio tra politica e cultura”.