La tennista polacca Iga Swiatek, considerata la numero uno al mondo, ha fatto un appello contro il gender pay gap. Le diverse retribuzioni tra uomini e donne nello sport, come negli altri settori, sono infatti una realtà spesso denunciata da molte sportive, che chiedono più equità. L’appello è stato lanciato durante la conferenza stampa in vista del suo debutto nel WTA 1000 di Madrid: la Swiatek chiede la parità nei montepremi per tutti i tornei dei circuiti ATP e WTA, come già avviene per i 4 appuntamenti del Grande Slam.

La ragione di questo gender gap sta nell’origine dei guadagni degli sportivi. Sono i contratti di sponsorizzazione ad arricchire un atleta. Essendo il pubblico degli sport largamente maschile, gli uomini hanno più mercato rispetto alle donne come testimonial. 

Per non parlare della copertura dei media di notizie che riguardano atlete: nonostante il grande aumento della partecipazione delle donne allo sport, nel corso degli anni la copertura mediatica delle atlete è rimasta invariata. Ci sono altri fattori che influenzano anche il guadagno , ad esempio la mancanza di donne che ricoprono posizioni di comando nelle organizzazioni sportive. In ambito federale ci sono solo un paio di presidenti donna tra le federazioni sportive nazionali (squash e danza sportiva). Poi solo uomini nelle restanti 40 e passa. Nelle fondazioni sportive europee infatti, solo il 14% di tutte le posizioni decisionali è occupato da donne. E arriviamo alla nota più “dolente”, ovvero la regina di tutte le disparità economiche uomo-donna: la maternità. La maternità riduce il guadagno delle atlete poiché perdono molte possibilità di partecipare ai tornei, oltre al tempo richiesto per allenarsi e ritornare in forma dopo il parto.

Dalla Swiatek alla Williams nel gender gap

La battaglia per la parità salariale e non solo di Serena Williams è partita più di cinque anni fa. Progetti e pubbliche prese di posizione a favore delle mamme lavoratrici, anche nel tennis, che a causa della maternità erano costrette allo stop all’attività agonistica, prive di alcun diritto, perdendo guadagni e anche posizioni nella classifica mondiale. Ma la Williams è andata oltre, ha creato un fondo d’investimento che porta il suo nome, Serena Ventures, che punta ancora adesso su iniziative imprenditoriali in diversi settori di donne, neri e giovani statunitensi senza uno sbocco finanziario per le proprie idee.

In Italia solo il calcio femminile è entrato nel professionismo con il riconoscimento della parità retributiva e anche di diritti elementari (pensione, malattia, gravidanza) che non erano garantiti, resta il divario concettuale, oltre che nei fatti, tra i due sessi. Una situazione imbarazzante. Dunque, a prescindere da quanto stabilito all’interno della “Carta dei Diritti delle Donne nello Sport”, il documento redatto e pubblicato nel 1985 dal Parlamento europeo per denunciare le discriminazioni di genere nell’ambito sportivo e rivendicare pari opportunità per uomini e donne, quest’ultime sono ben lungi dal ricevere l’equità loro promessa.

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