Assegno di inclusione 2024, il decreto “Lavoro” contiene anche misure vincolanti per mantenere l’assegno da parte delle famiglie e dei percettori. Sono note, infatti, le cause che faranno perdere la fruizione dell’indennità di 500 euro mensili per chi dovesse rifiutare un impiego di dodici mesi. Tuttavia, il provvedimento del governo guidato da Giorgia Meloni contiene anche altri vincoli relativi a offerte di lavoro con spostamento entro gli 80 chilometri dalla propria abitazione. Ecco nel dettaglio cosa prevede il decreto e quali sono le regole cui attenersi per non perdere il nuovo assegno che sostituisce il sostegno del Reddito di cittadinanza. 

Assegno di inclusione 2024 chi lo perde per rifiuto di proposta di lavoro 

Assegno di inclusione con vincoli più estesi in tema di accettazione  di un’offerta di lavoro. La misura, che debutterà a gennaio del 2024 in sostituzione del Reddito di cittadinanza, potrà essere richiesta dalle famiglie con componenti, al proprio interno, disabili, minori oppure di almeno 60 anni. L’importo mensile spettante per l’assegno di inclusione è calcolato fino a un tetto di 6.000 euro all’anno, corrispondenti a 500 euro al mese, ai quali si potrà aggiungere un’ulteriore quota di indennità a copertura delle spese di affitto, pari a 280 euro al mese e a 3.360 euro all’anno. Il governo ha inserito delle novità nel decreto rispetto alle offerte di lavoro che potrebbero pervenire a componenti della famiglia percettrice dell’assegno di inclusione. 

Assegno di inclusione 2024: irrinunciabili lavori a tempo indeterminato o determinato di minimo un anno 

Il sussidio di inclusione 2024 può essere perduto nel caso in cui si rifiuti una proposta di lavoro. Pertanto, il componente della famiglia che percepisce l’assegno di inclusione deve accettare l’offerta di lavoro in qualsiasi parte d’Italia, purché il rapporto di lavoro sia regolato da contratto a tempo indeterminato o determinato della durata di oltre un anno. Non sono rifiutabili, tuttavia, nemmeno proposte di lavoro che contemplino un tempo part time per un minimo del 60% dell’orario pieno, o proposte per le quali la retribuzione salariale non risulti inferiore ai minimi disciplinati dal relativo contratto collettivo. Per offerte di lavoro della durata da uno a dodici mesi, si può rifiutare solo la proposta che sia distante oltre 80 chilometri dalla propria abitazione. Diversamente, quindi, l’offerta di lavoro più vicina va accettata per non perdere l’assegno di inclusione. 

A chi spetta il nuovo Reddito di cittadinanza? 

Nell’ultima versione della bozza del decreto “Lavoro” è stata inserita un’ulteriore novità che consente di aumentare l’assegno di inclusione. Infatti, il tetto massimo di importo annuo può salire fino a 7.560 euro, pari a 630 euro mensili, se il nucleo familiare fosse composto da soli componenti ultra 67enni, o in condizioni di disabilità e di non autosufficienza. L’aumento del tetto, da moltiplicare per i parametri della nuova scala di equivalenza, può essere percepito anche per composizioni familiari miste. Ovvero, un 67enne e un altro componente in situazione di disabilità grave. Tuttavia, per questi componenti, l’assegno erogato ai fini dell’affitto di casa si dimezza a 1.800 euro all’anno, pari a 150 euro mensili. 

Come si calcola la scala di equivalenza per calcolare l’assegno e la soglia di reddito ammissibile

Infine, il decreto “Lavoro” va a modificare anche la scala di equivalenza per il calcolo dell’indennità di inclusione. Il sistema serve anche a se il requisito reddituale della famiglia rientri nei parametri di spettanza. Come per il Reddito di cittadinanza, la soglia di reddito per l’accesso all’indennità di inclusione è pari a 9.360 euro, ma i valori della scala di equivalenza risulteranno modificati. La famiglia nel suo complesso partirà da un valore pari a uno, incrementabile da altri indicatori singoli. Ad esempio, la presenza di un componente disabile comporta l’assegnazione di un punteggio di 0,5. A ogni componente familiare è assegnato un punteggio che, tuttavia, fa aumentare sia la soglia di reddito di ammissione all’indennità che l’assegno mensile spettante.