Il giornalismo è uno dei settori che più ha subito trasformazioni negli ultimi anni e Carlo Bartoli, da due anni presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, deve vigilare sui cambiamenti della professione. In una intervista alla rivista Espansione si occupa di coloro che operano nell’ambito digitale. Dice: “Ormai sembra del tutto sparito quello spirito di libertà condito di un pizzico di romantica anarchia che si respirava a nei primi anni dell’avvento di internet. Le grandi piattaforme si muovono con algoritmi il cui obiettivo è trarre profitto dalla mole di dati e informazioni, sia sugli utenti che sulla tipologia di traffico. Il giornalista deve avere la capacità di distinguersi anche sul web in base alla qualità del suo prodotto che deve richiamarsi sempre ad un’etica della professione e ai principi deontologici che, nei loro fondamentali, sono più che validi anche nell’era del web”.
Il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli dà consigli sull’uso dei social
E al giornalista viene chiesto di reinventarsi come social media manager con ripercussioni sulla coerenza con le norme deontologiche che regolano la professione classica? “Quella di social media – dice Bartoli – è una funzione alla pari di tante altre che il giornalismo ha incontrato nella sua storia secolare da quando, con Gutenberg, è stata inventata la stampa. Il problema sono le modalità di gestione delle piattaforme. Pertanto, il giornalista “deve” saper operare sui social media lavorando come giornalista e non facendosi pilotare dall’algoritmo. Aggiungo che il giornalista è deontologicamente vincolato anche quando opera con i canali social personali. Essendo una figura professionale “che fa opinione”, il giornalista deve rispettare i canoni della professione anche nella sfera personale dei suoi profili social”. Insomma, si è sempre giornalisti, anche al di fuori dell’orario di lavoro.
Stefano Bisi