La guerra in Sudan continua e non accenna a fermarsi. Neppure le tregue sancite vengono rispettate, tanto che l’Onu ha deciso di inviare il capo della sezione umanitaria in Sudan. Mentre ormai si contano centinaia di morti e migliaia di feriti.
Il Sudan dunque diventa osservato speciale, dopo che anche gli Stati Uniti hanno e l’Arabia Saudita lanciato più di un appello a che si estendesse la tregua. L’ultimo cessate il fuoco doveva finire alle 22 di domenica 30 aprile, con una proroga di altre 72 ore, ma le due fazioni in lotta hanno scelto di interromperlo ore prime. Le forze militari si sono infatti accusate reciprocamente di aver violato la tregua. E così è iniziata la terza settimana di guerra fratricida.
L’Onu ho quindi deciso di inviare in loco Martin Griffiths, il capo delle sezioni umanitarie.
“La portata e la velocità con cui si stanno svolgendo gli eventi in Sudan sono senza precedenti”
ha sottolineato il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, Stephane Dujarric. “La situazione umanitaria sta raggiungendo un punto di rottura“, ha commentato Griffiths che andrà in Sudan per capire come fornire “un aiuto immediato“
L’Onu invia il capo della Sezione Umanitaria in Sudan: la situazione
Intanto un primo aereo con tonnellate di aiuti è atterrato domenica 30 aprile a Port Sudan, secondo quanto riportato dalla Croce Rossa internazionale. Ma gli aiuti sono solo un piccolo tassello del puzzle che rappresenta i soccorsi. Di fatti, un altro grave problema è l’emorragia di rifugiati che sta soffrendo il Sudan. L’Onu ha riportato che 75mila persone sono state sfollate a causa dei combattimenti. Almeno 20mila sono fuggite in Ciad, 4mila in Sud Sudan, tre mila e cinquecento in Etipia, mentre circa 6mila persone sono fuggite nella Repubblica Centroafricana.
C’è comunque fermento nel mondo diplomatico. Faisal Bin Farhan, capo della diplomazie dell’Arabia Saudita, ha incontrato il 30 aprile un emissario del generale bdel Fattah al-Burhan, capo dell’esercito regolare e di fatto presidente del Paese, che fronteggia il generale Mohamed Hamdan Dagalo, leader delle Rsf. Comunque, ormai c’è poco tempo perché il saccheggio di uffici e magazzini umanitari ha “esaurito la maggior parte delle nostre scorte. Stiamo cercando mezzi rapidi per consegnare e distribuire” ulteriori aiuti, ha spiegato il funzionario dell’Onu, Griffiths.