Un utente di Twitter ha postato sul suo profilo un pensiero sulla tecnologia corredato da una foto romantica e malinconica di fine anni Sessanta con una coppia in Vespa tra una Cinquecento e un’altra. Ha scritto: “Ci avete tolto la magia di una foto, la poesia di una lettera, la calligrafia, l’odore d’un libro, il ritaglio di un giornale, il ‘ci vediamo alle otto in piazza’, il negozietto di alimentari sotto casa, le infinite chiacchierate in una cabina, i baci su una panchina, la paura che rispondesse il padre al telefono fisso, il diario segreto, il pallone nel cortile, l’attesa del rewind, la dedica alla radio, l’impaccio nel ballare un lento, i giochi di società, la comunicazione. Quando la tecnologia avrà seppellito anche l’ultimo sussulto relazionale, avrete completato l’opera inarrestabile di desertificazione emotiva perché allora, e solo allora, ci avrete reso animali urbani, sempre più vicini, eppur così lontani. La tecnologia ha accorciato le distanze ma ha allontanato le persone …in tutti i sensi!”.
Possibile tornare indietro o l’uomo è schiavo della tecnica?
Difficile dargli torto, ma è possibile tornare indietro? Le lancette dell’orologio non è possibile fermarle. Sulla stessa linea dell’utente di Twitter è il filosofo Umberto Galimberti che, parlando dell’uomo nell’età della tecnica, ha detto che “la prima cosa che dobbiamo fare è smontare dalla nostra testa il fatto che la tecnica sia uno strumento nelle mani dell’uomo. In realtà è l’uomo che è diventato un funzionario di apparati tecnici”. La sfida è riuscire a essere nel mondo senza essere schiavi della tecnologia.
Stefano Bisi