Novità sul caso dei poliziotti uccisi a Trieste nel 2019: la Corte d’Assise d’Appello ha confermato l’assoluzione per Alejandro Augusto Stephan Meran. L’uomo, finito a processo per la morte dei due agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego durante una sparatoria, è stato giudicato “non imputabile per vizio di mente”. Una conclusione non accolta di buon grado dall’accusa, che rappresenta i familiari delle vittime e che ne aveva chiesto la condanna a 25 anni di reclusione, più il ricovero in una Rems per altri tre anni.
Poliziotti uccisi a Trieste: Meran assolto anche in Appello
I fatti risalgono al 4 ottobre del 2019. Trieste è in fermento per i preparativi della festa della Barcolana, la storica regata velica organizzata in città, quando, per le vie del centro, una donna viene aggredita e derubata da un uomo, che si impossessa anche del suo scooter, dandosi alla fuga. Si tratta di Alejandro Augusto Stephan Meran. A denunciarlo è il fratello, telefonando alla Questura: è sicuro che sia stato lui, dice, aggiungendo di fare attenzione, perché l’uomo, pur non essendo seguito da alcun istituto, soffre di disturbi psichici. Dopo la segnalazione, gli agenti si recano a casa dei due, trasferendoli in Questura.
La tragedia si consuma al suo interno: dopo aver chiesto di poter andare in bagno, Meran riesce a sottrarre la pistola d’ordinanza in dotazione di uno degli agenti e inizia a sparare. Sono le 17 circa quando la notizia della sparatoria inizia a diffondersi, attirando la stampa locale: le prime informazioni sono confuse ma, ben presto, arriva la conferma: i due agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego sono morti dopo essere stati colpiti. A ricostruire le esatte dinamiche di quanto accaduto sono i filmati delle telecamere di sorveglianza della Questura, che mostrano chiaramente il 29enne di origini dominicane con l’arma in mano, mentre si allontana.
Fermato un attimo dopo da altri agenti, Meran viene accusato di omicidio plurimo e tentato omicidio e, nei suoi confronti, il gip dispone un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Benché sia incesurato, l’uomo è infatti pericoloso: se venisse lasciato in libertà, sostiene, potrebbe fare ancora del male. Una perizia psichiatrica stabilisce però che l’uomo, al momento dei fatti, era totalmente incapace di intendere e di volere. Per questo motivo la Corte d’Assise di Trieste lo aveva assolto, lo scorso maggio, disponendone il ricovero in una struttura assistita per 30 anni. Una decisione ora confermata anche in Appello, che ha assolto l’uomo in quanto “non imputabile per vizio di mente”, “con la sola riforma dell’applicazione della misura di sicurezza, nella tipologia e nella durata”.
La reazione dell’accusa
Non è contenta l’accusa, che sostiene i familiari delle vittime e che aveva chiesto che Meran fosse condannato a 25 anni di reclusione e a tre anni di ricovero in una Rems (Residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza).
Siamo un po’ stanchi di sentire queste scuse: quanto è malato Meran, quanto sta male. Siamo stanchi di questa storia, però dobbiamo andare avanti e non ci resta nienta da fare,
ha fatto sapere, dopo la sentenza, Fabio Demenego, padre di uno degli agenti uccisi. E ha aggiunto:
È un po’ un ripetersi di queste udienze, prese con molta leggerezza, però i giudici sono loro. Mi auguro solo che quando un giorno servirà loro l’aiuto di un agente di polizia e si presenterà un ragazzo di 20 anni… magari ci pensano.
Si augurava che l’uomo finisse in carcere, assumendosi le responsabilità delle sue azioni. Ma Meran è malato e l’avvocato che lo difende, Paolo Bevilacqua, ha ricordato che “l’imputabilità è il presupposto della colpevolezza: il vizio totale di mente porta alla non imputabilità”. Si tratta, ha aggiunto, di un “principio di diritto e di civiltà”.