Dopo tre mesi dalla richiesta ufficiale, la Procura di Milano archivia l’inchiesta sui fondi russi alla Lega in quello che è diventato conosciuto come “caso Metropol”. Sulla questione si è aperto un lunghissimo dibattito politico relativo ai 68 milioni di euro con cui alcuni oligarchi sovietici avrebbero finanziato il Carroccio nel 2018, in cambio di un acquisto gigantesco di gas.

Il giudice per le indagini preliminari (gip) Stefania Donadeo mette dunque la parola fine ad anni di ricerche infruttuose da parte dell’accusa, scagionando così anche gli indagati. Particolarmente sintetico ma graffiante il commento di Matteo Salvini affidato a Twitter:

Adesso aspettiamo le scuse di tanti e prepariamo le querele per molti

Fondi russi alla Lega, cos’è il caso Metropol

Che cos’è il caso Metropol, soprannome che ha ribattezzato l’inchiesta sulla trattativa tra mediatori inviati a Mosca per conto della Lega e funzionari russi.

L’episodio risalirebbe al 18 ottobre 2018, quando l’incontro era previsto all’hotel Metropol della capitale russa. Per conto del partito guidato da Salvini si sarebbero dovuti presentare il presidente dell’associazione “LombardiaRussia” Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci. Tutti e tre, indagati per corruzione internazionale, sono stati scagionati. Tuttavia, l’appuntamento non andò mai in scena poiché lo stesso Meranda fece saltare il banco consegnando l’indiscrezione alla stampa e provocando un “fuggi fuggi” generale.

L’indagine, durata oltre quattro anni, ha visto il coordinamento del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dei pm Giovanni Polizzi e Cecilia Vassena. Secondo l’impianto accusatorio, la delegazione aveva viaggiato in Russia per concludere transazioni commerciali con fornitori di gas e petrolio russo in cambio di finanziamenti al partito.

In tutto questo Salvini “verosimilmente sarebbe stato a conoscenza di questa trattativa”. Troppi condizionali e un’assenza di prove hanno dunque smontato il castello, di cui nemmeno l’audio poi divulgato in prima battuta da un tabloid americano costituisce elemento importante. Anche perché l’affare, coadiuvato anche da Alexander Dugin, oligarca vicinissimo a Putin, non si concretizzò. A complicare il lavoro degli inquirenti anche la mancanza di collaborazione delle autorità russe, che respinse tutte le richieste giunte dall’Italia.