Dopo la tragica morte della psichiatra Barbara Capovani, uccisa a Pisa da un suo ex paziente, si torna a parlare della sicurezza del personale sanitario e sociosanitario. Sempre più spesso, infatti, gli operatori del Servizio sanitario nazionale subiscono sul luogo di lavoro violenze verbali e fisiche. A confermare questa situazione anche Benedetto Magliozzi, segretario nazionale di Cisl Medici, che denuncia come il fenomeno delle violenze sia determinato anche da quella mancanza di investimenti che da anni penalizza le prestazioni del Servizio sanitario nazionale.

Benedetto Magliozzi, Cisl Medici: “Denunciamo da anni il problema della sicurezza del personale sanitario e socio-sanitario”

La redazione di TAG24 ha affrontato il problema delle violenze verso i professionisti del sistema sanitario con Benedetto Magliozzi, segretario nazionale di Cisl Medici.

Dottor Magliozzi, cosa dovremmo imparare dalla tragica morte della collega Barbara Capovani, aggredita e brutalmente uccisa all’Ospedale Santa Chiara di Pisa?

“Da imparare purtroppo non c’è nulla. Sono diversi anni che noi di Cisl Medici chiediamo di mettere in sicurezza i lavoratori del Servizio sanitario nazionale. Più volte abbiamo richiesto interventi per garantire, ad esempio, sistemi di illuminazione nei parcheggi che al buio possono diventare facilmente luoghi pericolosi. Allo stesso modo abbiamo chiesto di mettere dei posti di Polizia negli ospedali e di assumere più personale addetto alla vigilanza nelle sale di attesa dove spesso si possono generare isterismi. Di indicazioni, dunque, ne abbiamo date diverse perché proteggere gli addetti alla salute è fondamentale. Se i medici lavorano bene, in sicurezza, possono dare risposte ai cittadini. Se questo non avviene, è chiaro che l’abbandono del sistema pubblico da parte degli operatori, già oggi quotidiano, diventerà ancora più grave. I professionisti sanitari si dimettono con sempre più frequenza a causa della scarsa organizzazione all’interno degli ospedali e dei presidi sanitari“.

Lei crede, dunque, che sia necessario lavorare tanto sui fattori di sicurezza quanto sul miglioramento delle condizioni di lavoro del personale medico?

“Da 20 anni, in Italia, è iniziata una protesta silenziosa che ha portato alla progressiva diminuzione del personale medico impegnato nel pubblico, i cui contratti sono stati peraltro bloccati per più di dieci anni. A questo si aggiunga la criminalizzazione del sistema: si parla spesso di mala sanità, che fa notizia, e non della buona sanità che è la prassi consolidata nel nostro Paese. Per questo voglio ricordare che la salute è un diritto sancito dalla nostra Costituzione e che non può essere scalfito dal diritto al “pareggio di bilancio”. Negli ultimi anni il personale qualificato italiano ha cercato altri mercati, in Spagna o in Olanda, dove le nostre conoscenze sono altamente competitive e il sistema offre condizioni nettamente migliori. Da qui l’emorragia di personale che vive il nostro sistema”.

Il ministro Schillaci ha annunciato la creazione di un tavolo permanente tecnico per affrontare i problemi della sanità, tra cui le crescenti violenze. Come accoglie questa decisione?

La scelta di istituire il tavolo tecnico è fondamentale e strategica. Senza questa decisione, le richieste che arrivano da noi e dalle associazioni continueranno a essere rimbalzate. Riunire insieme il ministero della Salute, il ministero dell’Economia e Finanza, la Conferenza Stato-Regioni e i sindacati significa permettere a tutti i soggetti di lavorare insieme. Noi abbiamo fiducia nel ministro e nella sua sensibilità da medico e rettore.

Il tavolo tecnico dovrà saper immaginare un percorso che porti, da qui a cinque anni, a salvare il Sistema sanitario nazionale: per questo ci auguriamo che i lavori inizino il prima possibile. La responsabilità è di tutti: se riusciremo a migliorare le condizioni di lavoro dei medici saremo in grado di dare risposte più efficaci ai cittadini”.

Oltre alle condizioni contrattuali, quanto incide il tema della sicurezza nella scelta degli operatori sanitari di abbandonare il sistema pubblico?

“Il privato non dà condizioni economiche migliori in assoluto, ma mette medici, infermieri e operatori nelle condizioni di lavorare meglio. Il privato non ha poi in carico pazienti difficili, polipatologici, che magari rischiano di andare in terapia intensiva. Tranne in qualche eccezione, rappresentata dalle grandi strutture in parte inserite nel Ssn, il privato sceglie quali patologie trattare. Il problema si crea quando i reparti pubblici si svuotano perché chi ha una specializzazione sceglie di lavorare dove ha ritorni maggiori.

Nonostante questo, tuttavia, ancora oggi il Servizio sanitario nazionale ha un ruolo fondamentale e insostituibile. Quelli che in molti chiamano costi del Ssn, sono in realtà investimenti perché quando si spende per la salute dei cittadini si aumenta il Pil. Questa è una cosa difficile da far capire: la salute è un investimento. Una popolazione che sta bene lavora a lungo, è produttiva e crea crescita”.

Anche perché con una popolazione che invecchia bisogna lavorare sulla prevenzione per evitare il sovraccarico del sistema.

La nostra popolazione è vecchia, polipatologica e anche povera. Se confrontiamo gli accessi in codice bianco o verde al Pronto soccorso e il numero dei poveri certificati dall’Istat, scopriamo che i numeri coincidono. Le persone più povere accedono ai Pronto soccorso per curare cose che non possono permettersi. Ecco perché il tavolo nazionale sarà fondamentale per spronare la politica a prendere decisioni. Le istituzioni vogliono sposare la causa del Servizio sanitario nazionale? Fino ad oggi il Titolo V ha portato a grossi problemi e oggi in Italia abbiamo 21 sistemi sanitari diversi tra loro. Io sono convinto che solo un sistema pubblico potrà rispondere alle sfide della sanità, ma dovrà essere governato da persone capaci che sanno fare questo lavoro”.

Dottor Magliozzi, la Cisl Medici ha chiesto ai datori di lavoro di costituirsi parte civile nei processi che riguardano le violenze contro gli addetti della sanità. Secondo lei oggi operatori sanitari e socio-sanitari sono poco tutelati?

Noi per anni ci siamo battuti affinché le Asl si costituissero parte civile e i medici aggrediti non fossero lasciati soli. Sembra che il ministro Schillaci stia affrontando questa cosa e ora si prosegue di ufficio. Ma gli operatori devono sentirsi tutelati anche quando compiono le loro scelte. Noi siamo come dei dirigenti con autonomia decisionale che compiono scelte in scienza e coscienza. Se i medici subiscono attacchi continui viene snaturata la loro dignità”.

Cosa auspica per il nostro Servizio sanitario nazionale e per l’abbattimento delle violenze nei confronti degli operatori?

Che si torni all’origine, perché se si dà la possibilità di accedere alle cure in modo uniforme su tutto il territorio si riduce anche il numero di violenze. Il 78% dei cittadini italiani è ancora favorevole al Sistema sanitario nazionale e ne ha grande stima, comprendendone l’eccellenza. Serve però un processo di miglioramento. Nell’ultimo contratto nazionale volevano inserire nel welfare del personale della salute l’assicurazione sanitaria. Tutto il tavolo sindacale unito si è opposto: se anche i lavoratori pubblici iniziano a farsi curare dal privato e smettono di credere nel pubblico il sistema crolla. Gli italiano devono capire il valore del nostro Servizio sanitario nazionale, che non è scontato e va difeso, come la libertà.

Per quanto riguarda le violenze poi, alla base c’è un problema sociale forte. Noi chiediamo la messa in sicurezza degli ospedali e dei presidi medici, anche perché il 90% degli episodi colpisce le donne che sono la maggioranza nelle professioni sanitarie. Noi dobbiamo tutelare loro e i loro colleghi: abbiamo ospedali dove la sicurezza fa acqua da tutte le parti. I fondi del Pnrr serviranno anche a quello, ma serve una classe dirigente capace che, con etica e dedizione, lavori per il Paese.