La tregua in Sudan inizia a vacillare dopo che alcuni membri dell’ex regime sono stati scarcerati e ora si teme la loro fuga. Il conflitto, infatti, aveva trovato un momento di calma, durante il quale le forze dell’RSF si erano fermate nel blocco di Ombada. La lotta in tutto il Paese, tra il generale Burhan e Dagalo, fino ad oggi è costata la vita ad almeno 459 persone, con più di 4000 feriti, oltre alla distruzione di diverse strutture civili. Tra i decessi, inoltre, si contano anche due civili americani, come riportato da alcuni funzionari di Washington.
Sudan, la tregua inizia a vacillare
Ad oggi circa un terzo dell’intera popolazione del Sudan, pari a 46 milioni di persone, fa affidamento sugli aiuti umanitari e l’inviato speciale dell’ONU, Volker Perthes, ha dichiarato al Consiglio di sicurezza che, nonostante il cessate il fuoco sembri resistere in alcune parti, nessuna delle due è pronta a negoziare seriamente, dal momento che entrambe ritengono di potere ottenere una vittoria militare.
Motivo per il quale i cittadini sudanesi non resta che scappare, favoriti anche dalle azioni tempestive di vari governi nel mondo. Alcuni, però, hanno deciso di optare per fughe più pericolose e complesse, come 10.000 persone che sono arrivate nel nord dell’Egitto negli ultimi cinque giorni. Si stima che altre 20.000 siano entrate in Ciad, mentre altri stiano affrontando il deserto e condizioni climatiche decisamente proibitive.
La situazione
Continuano a sentirsi spari ed esplosioni nella capitale Kathum, ma l’intensità dei combattimenti in tutto quanto il Paese si è attenuata proprio grazie alla tregua, che si spera possa dare sollievo alle persone ancora intrappolate dentro le case e negli hotel, dove acqua e medicine iniziano a scarseggiare. Il grande dubbio è quanto questa tregua potrà realmente essere portata avanti nella sua interezza.
Nella giornata di ieri, mercoledì 26 aprile, un jet dell’esercito, dopo essere passato sopra i cieli della capitale, ha bombardato delle posizioni delle forze paramilitari del RSF, colpendo un condominio nel quartiere di Ombada. Altri cittadini hanno riferito di pesanti attacchi aerei nella zona orientale del Nilo, ad est della capitale.
Il direttore dell’OMS ha descritto la desolante situazione del conflitto sulla situazione, più che precaria del sistema sanitario del Sudan. già particolarmente provato da problemi e carenze strutturali. Parlando da Ginevra, Tedros Adhanom Ghebreyesus ha sottolineato come il 61% delle strutture sanitarie di Khartoum siano ora chiuse e che solo il 16% funziona normalmente. Un quarto dei decessi avvenuti fino ad oggi si sarebbe potuto evitare se i medici avessero avuto la possibilità di intervenire. Ma oltre a quelli per la guerra, Tedros ha sottolineato come il numero crescerà a causa delle epidemie e del mancato accesso a cibo, acqua ed altri mezzi di sostentamento.
L’esercito sudanese, inoltre, nella giornata di ieri ha comunicato che il deposto Presidente del Paese, Omar al-Bashir, e molti suoi ex seguaci non sono più detenuti in carcere, ma che sono stati trasferiti in un ospedale militare. A questo si aggiunge la notizia dell’evasione di Ahmed Harun, figura di spicco dell’ex dittatore. L’agenzia AFP riferisce che “Harun, che ha guidato la famigerata campagna di contro-insurrezione del regime nella regione occidentale del Darfur a metà degli anni duemila ed è ricercato per crimini di guerra dal Tribunale penale internazionale, afferma di essere fuggito dalla prigione di Kober, nella capitale”.
La Cina invia navi
Nel frattempo la Cina ha deciso di impiegare alcune navi della sua marina per continuare l’evacuazione dei propri cittadini dallo stato. Il ministero della Difesa cinese ha reso noto il piano, con il colosso asiatico che portava avanti, come già fatto anche da altre nazioni, tutto il personale delle ambasciate e i propri connazionali che si trovano in pericolo. Le operazioni si sono intensificate negli ultimi giorni, dopo il cessate il fuoco di tre giorni.
“La situazione in Sudan ha continuato a deteriorarsi”, ha dichiarato Tan Kefei, portavoce del ministero della Difesa cinese, “per proteggere le vite e le proprietà dei cinesi in Sudan”. Lunedì, la Cina ha dichiarato di aver evacuato in sicurezza un primo gruppo di cittadini, stimando che circa 1.500 suoi cittadini si trovassero ancora in Sudan. Tan non ha specificato il numero di navi coinvolte. La Cina afferma di essere il principale partner commerciale del Sudan, con oltre 130 aziende presenti nel Paese.
Proseguono gli scontri tra le due fazioni
Nonostante la tregua proseguono i combattimenti tra paramilitari ed esercito, nello specifico nella capitale di Kahrtum e la regione di Darfur. In queste zone, infatti, i bombardamenti vanno avanti, anche con l’accordo per il cessate il fuoco, con gli aerei che sorvolano i sobborghi dove si trovano le truppe dei due generali in lotta per il potere. Via terra si sentono colpi di mitragliatrice e armi pesanti, nonostante la tregua di 72 ore mediata da Stati Uniti e Arabia Saudita.
Oltre alla capitale, però, la violenza è dilaniata in altre regioni del Sudan, con saccheggi, omicidi ed incendi di case nella città di El-Geneina, vicino al confine con il Ciad. L’Onu ha sospeso le sue attività dopo la morte di cinque operatori umani, dichiarando che “non potrà più aiutare 50.000 bambini che soffrono di malnutrizione acuta”. Nel frattempo i volontari di Emergency hanno dichiarato che non lasceranno il Paese e continueranno a prestare soccorso a tutti i pazienti ricoverati nelle varie strutture ospedaliere.