Continua a far discutere il caso di cronaca legato all’omicidio di Barbara Capovani, psichiatra di Pisa uccisa da un suo ex paziente. Sul tema è intervenuto lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta da Gianluca Fabi e Roberta Feliziani su Radio Cusano Campus

Barbara Capovani psichiatra Pisa uccisa da ex paziente

Crepet ha innanzitutto espresso il suo dolore per la morte della sua collega:

“Per chi fa il mio mestiere è stata una notizia terribile che si aggiunge a tanti altri lutti di colleghi che ho conosciuto in questi anni. La prima cosa è il silenzio e il rispetto per chi non c’è più. Detto questo, dipende cosa vogliamo intendere con pericolosità sociale. Ricordo che solo questa notte sono morte tre persone accoltellate e un altro a colpi di pistola. Questo è un problema che c’è in questo Paese, alimentato dalle droghe, da cose che noi non vogliamo controllare perché fa gioco e sappiamo bene chi guadagna su tutto questo. Per quello che riguarda i servizi psichiatrici, questi non funzionano perché non sono stati implementati, perché non abbiamo mai fatto un’organizzazione degna di questo nome”.

Legge Basaglia e manicomi

Riguardo a coloro che, dopo questo fatto di cronaca, hanno invocato un ritorno a prima della Legge Basaglia, con la riapertura dei manicomi, Crepet è stato netto:

“Io sono molto orgoglioso di aver fatto parte di quella stagione in cui sono stati chiusi i manicomi. C’erano 110mila internati e internate in Italia, sono ben contento che si sia detto basta. Basaglia è stato un eroe di questo Paese e si sciacquino la bocca prima di parlare di lui”.

Famiglia e Stato

La zia dell’omicida ha detto che il nipote doveva essere curato dallo Stato, perché la famiglia non era in grado. Crepet ha commentato:

“Io credo che esista anche un principio di responsabilità individuale, morale. Se è vero che un bambino che poi diventa adolescente ha bisogno di una rete familiare, quando questa rete familiare non c’è non è colpa dello Stato. E’ evidente che ci siano delle responsabilità di tipo educativo. Le patologie non è che nascono come un meteorite che arriva. O c’è qualche psichiatra che pensa che vi sia una genesi genetica, oppure pensiamo che esista uno sviluppo psico-emotivo e relazionale che conduce a problemi psicologici così come conduce alla felicità laddove le cose funzionano. Se no è sempre colpa dello Stato che deve avere una sorta di radar. E’ chiaro che un uomo di 40 anni è stato prima giovane adulto, prima ancora adolescente, ho letto che già dall’adolescenza manifestava problematiche. La famiglia cos’ha fatto? Se la famiglia non esiste diciamolo, chiamiamo lo Stato al posto della famiglia. La psicosi doveva portare a un’allerta, chi doveva dare quest’allerta? Noi abbiamo voluto una società di monadi, di persone sole con un telefonino e con un computer, non c’è un’osteria, non c’è un cinema, non c’è neanche una tombolata, domani ci metteremo un visore, immaginatevi una persona paranoica con un visore, il visore triplicherà quella paranoia”.

Sulle visite psichiatriche

Infine Crepet ha parlato di chi critica gli psichiatri perché prescrivono troppi psicofarmaci:

Se il tempo medio di un colloquio è di 20 minuti, io posso mettere anche Freud a lavorare, ma non riuscirà a fare niente. Lo psichiatra, se ha un quarto d’ora di tempo, da dedicare al signore o alla signora Rossi affetto da problematiche gravi non può fare altro che dargli dei farmaci, non possiamo accusare lo psichiatra di fare questo, perché fare altro necessita di tempo e di strutture, per questo servirebbero day hospital, eppure di day hospital ce ne sono un paio in tutta Italia. Se uno semina grandine raccoglie tempesta”.