Giampaolo Amato resta in carcere. Lo hanno deciso i giudici del tribunale della Libertà di Bologna, chiamati a discutere il ricorso presentato dai difensori del medico – accusato di aver ucciso la moglie somministrandole un mix letale di farmaci – sull’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti lo scorso 7 aprile. Le loro motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni. È probabile, comunque, che a convincerli sia stato il pericolo messo in evidenza dal gip che ne aveva disposto il fermo: secondo lui, il medico avrebbe potuto uccidere ancora.

Ancora carcere per Giampaolo Amato: respinta la richiesta di scarcerazione della difesa

64 anni, ex medico della Virtus Bologna, Amato si trova in carcere dall’inizio di aprile con l’accusa di omicidio volontario aggravato e peculato perché sospettato di aver ucciso la moglie somministrandole un mix letale di farmaci rubati ad una struttura di cui era dipendente. A suo dire, è innocente: fin da subito, infatti, sostiene di non aver commesso alcun reato. Ecco perché, nelle scorse settimane, i legali che lo difendono – supportando la tesi che il decesso della donna sarebbe stato provocato da un coagulo intra-cardiaco e non da un avvelenamento – ne avevano chiesto la scarcerazione, contestando l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip, Claudio Paris nei suoi confronti, lo scorso 7 aprile.

In sostanza, secondo la difesa, Amato non sarebbe coinvolto in nessun modo nella morte della donna, che avrebbe deciso volontariamente di assumere i farmaci rilevati nel suo sangue. Ma il medico legale della Procura, Guido Pelletti, sostiene il contrario. Stando agli esiti dell’esame autoptico effettuato sulla salma, la 62enne, afferma, sarebbe morta per aver assunto massicce dosi di xenobiotici. In particolare, il Sevoflurano, di cui il medico si sarebbe appropriato nell’ospedale in cui, all’epoca dei fatti, lavorava.

A dimostrarlo sarebbero anche una serie di testimonianze e di prove acquisite dalle amiche e dalla sorella della vittima prima ancora del suo decesso. Sembra infatti che la donna avesse dei sospetti nei confronti del marito e che avesse deciso di parlarne con delle conoscenti di cui si fidava, svolgendo anche degli esami. Per questo i giudici del tribunale della Libertà di Bologna hanno respinto la richiesta di scarcerazione nei confronti dell’imputato. Anche perché, come era stato messo in luce dal gip, l’uomo potrebbe uccidere ancora. E non si esclude che possa aver avuto un ruolo nella morte della suocera, avvenuta una ventina di giorni prima di quella della moglie.

La ricostruzione dei fatti

Le motivazioni dei giudici saranno depositate nei prossimi giorni. L’accusa aveva chiesto loro di confermare il carcere per l’uomo, indicando a suo carico il pericolo di contaminazione delle prove e il rischio di un ulteriore gesto violento. Era stato il giudice Paris a metterlo in evidenza, già al momento dell’arresto. Stando alle sue parole, Amato avrebbe infatti potuto prendere di mira anche l’amante – quella per cui avrebbe ucciso la moglie -. Dopo la morte di Linsalata, infatti, la relazione tra i due si sarebbe fatta sempre più difficile, rendendolo ancor più violento. Una situazione che, visti i precedenti, avrebbe potuto portarlo ad un ulteriore gesto estremo.

L’ipotesi, al momento, è che abbia agito per entrare in possesso dell’eredità della moglie. Ma davanti agli inquirenti non ha ancora ammesso nessuna responsabilità. E i legali che lo difendono, intercettati dai cronisti qualche giorno fa, sostengono che l’uomo è “disperato, distrutto e rovinato da un eccesso mediatico”. L’opinione della difesa è che si stia mettendo in atto nei suoi confronti un processo meramente indiziario. E che alcune prove acquisite dai periti tecnici di parte (contestate da quelli della Procura), permetterebbero di scagionarlo.