Avevo 15 anni e venni “rimandato” a settembre a matematica e fisica con “3 e 3”. Piansi molto. Mi è tornato in mente quell’episodio di tanti anni fa leggendo nelle ultime settimane molte notizie di adolescenti e giovani che non reggono lo stress di un brutto voto a scuola o di una bocciatura all’università e si lanciano da una finestra per togliersi la vita. Se può servire racconto come superai quel trauma da “3 e 3”. Prima cosa: piangere molto se questo è quello che vi sentite di fare e fatelo di fronte a chi vi capita davanti. Seconda cosa: studiare. A me non bastò stare molto sui libri in quell’estate perchè a settembre sapevo meno nozioni che a giugno e venni promosso perchè anche la docente, che forse aveva qualche senso di colpa, si impietosì. Terza cosa: continuai a fare la vita normale, giocare a calcio e guidare quella squadra quasi imbattibile di cui ero fieramente il capitano.
Come si può reggere lo stress di una bocciatura a scuola
Ecco, forse quello che manca a chi oggi non regge lo stress di una bocciatura a scuola è proprio “il gruppo” fondato sulle relazioni, sull’incontro fisico e non sui social dove pare essersi trasferita la vita. Difficile ora tornare indietro. La pandemia, tra le conseguenze che ha provocato, ha ridotto il desiderio dell’incontro, dello scontro se volete; le necessarie chiusure in casa per combattere il covid hanno aumentato la diffidenza verso gli altri. Abbiamo sperato che una volta superata la fase acuta della pandemia si rimarginasse tutto in maniera naturale. Purtroppo non è stato così. “Uno dei regolatori più evoluti della nostra specie è la società – spiega Claudio Mencacci, ex presidente della Società italiana di Psichiatria – L’isolamento e il distanziamento relazionale pesa in maniera forte. Il nostro cervello che si nutre di relazioni sociali si è impoverito. Le connessioni si sono ridotte, gli stimoli sono diminuiti”. E a farne le spese sono soprattutto i più giovani.
Stefano Bisi