Guerra in Sudan 2023: perché è scoppiata? Cosa sta succedendo? Il conflitto che da giorni imperversa nel Paese ha tutti i tratti di una guerra civile ed è iniziato a causa dell’attrito tra due generali, che ora si contendono il Paese, capitanando, rispettivamente, l’esercito regolare e le forze paramilitari. Nonostante una tregua concordata dalle parti, gli scontri sembrano non accennare a diminuire e avrebbero già causato oltre 400 morti. Ripercorriamone le tappe principali e gli ultimi sviluppi.
Guerra in Sudan 2023, perché è scoppiata?
Tutto è iniziato lo scorso 15 aprile, quando la rivalità politica tra i due generali membri del Consiglio sovrano – l’organo civile-militare che, in seguito ai colpi di Stato del 2019 e del 2021 svolge la funzione di capo di Stato -, è sfociata nei primi scontri, prima a Khartoum, poi in altre città. Si tratta del presidente Abdel-Fattah al-Burhan e del vicepresidente filorusso Mohamed Hamdan Dagalo. Il conflitto scoppiato dall’attrito tra i due ha tutti i tratti di una guerra civile: da un lato c’è l’esercito regolare, comandato dal capo di Stato attuale; dall’altro i paramilitari, le Forze di supporto rapido (Rfs), guidate da Dagalo, costituite principalmente dalla milizia araba dei Janjaweed (i “demoni a cavallo”) e da molti paragonate alla brigata Wagner.
Un tempo i due erano stati dalla stessa parte: dopo la rivoluzione sudanese del 2019, guidata dal generale Hemedti e conclusasi con una brutale repressione da parte dell’esercito, i due guidarono il golpe contro l’allora presidente Omar al-Bashir, destituito dopo trent’anni di governo e accusato di essere stato il mandante del genocidio attuato nei confronti della popolazione non musulmana nel corso del conflitto del Darfur (2003-2008). Il governo nato da quell’esperienza avrebbe dovuto aprire la strada a nuove elezioni democratiche. Nel 2021, invece, fu fatto cadere e venne sostituito dal Consiglio sovrano, in una sorta di alleanza militare. Alleanza che però ha avuto vita breve: entrambi i generali – dopo essersi accusati reciprocamente – sono ora intenzionati ad ottenere il potere e se lo contendono a suon di incursioni, spedizioni e raid aerei.
Cosa sta succedendo in questi giorni
Come ha spiegato Alan Boswell dell’International Crisis Group negli scorsi giorni, per entrambe le parti lo scontro è “una questione esistenziale” per diferende i propri interessi: quello minerario nel caso dell’Rfi, quello economico per l’esercito regolare. Per questo molti temono che il conflitto, che ha generato oltre 400 morti, non finirà a breve. La speranza di intraprendere la strada verso la democrazia sembra quindi essere svanita e sul Paese si allunga già l’ombra di una crisi umanitaria. Sul posto, a causa degli scontri – andati avanti nonostante una tregua concordata tra le parti -, sono bloccati anche centinaia di cittadini stranieri, per i quali le Nazioni occidentali stanno preparando il rimpatrio.
Mentre Stati Uniti e Francia hanno avviato le operazioni di evacuazione, il governo italiano ha ribadito che si impegnerà con ogni mezzo per garantire la massima sicurezza ai cittadini italiani che si trovano nei luoghi di guerra.
Tutti i nostri connazionali a Khartoum sono in contatto con l’ambasciata, molti sono già nella sede dell’ambasciata che è in grado anche di fornire alimenti e acqua, e pure carburante, per poter stare in condizioni dignitose,
ha detto ieri, nel corso di un evento organizzato a Siena per le elezioni comunali, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. 19 italiani sarebbero già stati trasferiti in Egitto. E ha poi aggiunto:
Mi auguro che vengano rispettate le grandi infrastrutture che sono utili al popolo del Sudan, quindi che le due parti che si stanno combattendo non facciano danni al popolo sudanese. Stiamo lavorando perchè si possa arrivare a una tregua duratura.