Gli sbarchi non si fermano e anzi, quotidianamente decine e decine di migranti arrivano nel nostro Paese. Nella maggior parte dei casi parliamo di uomini, donne e bambini disperati, che lasciano la propria terra in cerca di un futuro migliore. Capita anche, però, che l’approdo non nasca da buone intenzioni. È per questo che tutti i giorni le forze dell’ordine sono costretti ad effettuare controlli serrati, per evitare di far entrare in Italia delinquenti e soprattutto terroristi. Proprio in questo senso, la Polizia di Messina, ha eseguito un fermo emesso dalla locale procura distrettuale, nei confronti di un 18enne siriano che sarebbe contiguo ad un’organizzazione terroristica di matrice jihadista.
Terrorismo a Messina, fermato un siriano
Il Terrorismo resta una delle piaghe più drammatiche e pericolose di tutto il pianeta. Controlli serrati e misure di prevenzione sono i mezzi più efficaci per cercare di anticipare, scovare e annientare possibili azioni criminali di questo tipo. È proprio in questa direzione che ogni giorno la Polizia di Stato effettua indagini approfondite e verifiche specifiche su tutti i migranti che sbarcano in maniera clandestina sulle coste italiane. Spesso senza documenti, è un lavoro di ricostruzione che richiede tempo e impegno.
Ed è proprio in occasione di uno dei controlli di routine effettuato sui clandestini arrivati a Messina, la sera dello scorso 11 marzo, che l’attenzione dei poliziotti della questura siciliana si è focalizzata su un giovane siriano. Un pattugliatore della Guardia di Finanza aveva infatti soccorso in mare poco prima, al largo delle coste, un barcone con oltre 200 stranieri. Il ragazzo, che ha appena 18 anni, alla luce delle dichiarazioni rese alle forze dell’ordine, apparse contradditorie, e dei contenuti riscontrati sul suo telefono, ha innescato dubbi nella testa degli inquirenti. Dopo alcune verifiche è apparso chiaro che il giovane potrebbe appartenere a una organizzazione terroristica di matrice jihadista operante in Siria.
Le indagini e la decisione del Gip
Sono partite così, dai seri dubbi degli Ispettori di Polizia, le indagini delegate dalla procura distrettuale antimafia e antiterrorismo ed effettuate dalla DIGOS di Messina e dal Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo esterno della Direzione centrale della polizia di prevenzione. Grazie inoltre all’aiuto della Polizia postale, è stato possibile recuperare i file che il giovane siriano aveva tentato di eliminare dal cellulare. Gli inquirenti hanno quindi trovato numerose chat e contenuti mediatici inneggianti alla jihad da cui è apparsa confermata la sua militanza, anche con un ruolo di comando intermedio, tra i siriani combattenti per Jabhat al Nusra. Si tratta di un gruppo armato, attivo dal 2016 e affiliato ad Al-Quaida fino al 28 luglio 2016, quando il leader annunciò la scissione consensuale tra i due gruppi.
Gli elementi raccolti contro il ragazzo 18enne sono molteplici. Le prove a suo carico, associati al pericolo di fuga connesso all’imminente uscita dell’indagato dal Cpr, hanno portato la procura di Messina ad emettere lo scorso 18 aprile un provvedimento di fermo che oggi il Gip di Caltanissetta ha convalidato.
Più di un’ipotesi, dunque, ma al momento non ci sono ulteriori certezze. Quali sarebbero stati le intenzioni del siriano infatti al momento non è dato sapere. Quando si tratta di terrorismo però l’attenzione deve essere massima e nulla può essere lasciato al caso. Le indagini nel frattempo non si arrestano e anzi, vanno avanti, come ha precisato la polizia in una nota diramata oggi. “Il procedimento è ancora in fase di indagini preliminari e, in ossequio al principio di non colpevolezza e fino a sentenza di condanna passata in giudicato, sarà svolto ogni ulteriore accertamento che dovesse rendersi necessario, anche nell’interesse dell’indagato”.