Avrebbe dato a suo figlio troppo amore, la mamma accusata di ipercura a Brescia. E, benché il processo penale a suo carico si sia concluso con un’assoluzione, sarebbe ancora costretta a vivergli lontana, non vedendolo più di 20 minuti alla settimana. Il ragazzo, che ha ormai vent’anni ed è affetto da una grave disabilità, dal 2021 sarebbe infatti ospite di una struttura di cure. Qui, invece di ottenere dei progressi, starebbe però regredendo. Ecco perché i genitori stanno cercando di riportarlo a casa. Il loro caso è finito alla Camera dei Deputati.
Mamma accusata di ipercura allontanata dal figlio a Brescia: il caso
Il caso di Patrizia Tibaldo ha attirato l’attenzione della deputata Stefania Ascari (M5S), finendo alla Camera dove, nel corso di una conferenza stampa tenutasi nelle scorse ore, è stato dibattuto. La donna è stata allontanata dal figlio – rimasto disabile in seguito ad una complicazione insorta durante il parto – nel corso di un processo penale apertosi a suo carico per ipercura. L’accusa nei suoi confronti, in sostanza, era quella di curare eccessivamente il figlio. E, come ha spiegato il dottor Maurizio Brighenti, specialista in neuropsichiatria, al Corriere, affidandosi a persone che non necessariamente erano medici, cioè non su “basi cliniche”.
Benché le indagini abbiano portato alla sua assoluzione, la donna non sarebbe comunque riuscita a riottenere la custodia di Carlovittorio. Quest’ultimo, che da due anni è ospite di una struttura di cura – dove può ricevere solo 20 minuti di visite alla settimana -, starebbe anche regredendo, peggiorando le sue condizioni già gravi.
Da 43 kg oggi ne pesa 32 – ha spiegato la mamma alla Camera -, ha smesso di alimentarsi per bocca, dopo 18 anni in cui mangiava con le persone che conosceva, dalla mamma, al papà, ai nonni. La sua unica protesta possibile non potendo parlare è stata questa. È ridotto a un mucchietto di ossa ed è piagato. Vengo sgridata perché lo abbraccio e lo bacio, e posso vederlo per venti minuti alla settimana.
La denuncia alla Camera
Le ha fatto eco il legale che la sostiene, l’avvocato Laura Andrao, che ha messo in luce i rischi che il ragazzo corre restando nella struttura, teoricamente riservata ad anziani. E denunciando il fatto che i suoi genitori siano stati trattati per anni come criminali, nonostante l’inesistenza di una sentenza di condanna.
Carlovittorio è un ragazzo di 20 anni con una disabilità complessa, ma questo non vuol dire che non percepisca amore, che non dia amore e che non stia bene all’interno delle mura di casa propria. È stato curato e sostenuto dalla mamma e dal papà 24 ore su 24, due care-giver, in particolare la mamma, con cui conviveva, che hanno dedicato la loro vita a valorizzarlo. Questo desiderio di raggiungere obiettivi è stato valutato nel 2021 come ipercura. Carlovittorio, al compimento dei 18 anni, ha subìto l’amministrazione di sostegno, che lo ha portato all’interno di un centro che non è assolutamente adeguato ad accogliere le sue esigenze. Prima stava seduto, manteneva il capo eretto, rispondeva; ad oggi è un ragazzo privo di vita, in senso lato, con grandi piaghe da decubito, disidratato. Ha avuto tre polmoniti in 6 mesi, si nutre con una peg (alimentazione parenterale, ndr), ha perso 18 kg. Non desidera altro che tornare a casa, con i propri genitori.
La richiesta è che il ragazzo possa presto raggiungere i suoi genitori. L’appello al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è invece quello che possa valutare delle azioni disciplinari nei confronti delle autorità coinvolte nella vicenda, che non avrebbero fatto altro che peggiorare la situazione del ragazzo e della sua famiglia.